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UNA GOCCIA DI SANGUE PATERNO 363

senza dire se l’avrebbe visitata o no. L’arciprete consigliò allora di affrettare la visita perchè sua cognata aveva intenzione di allontanarsi presto, forse per un giorno, forse per due. Lelia parve sorpresa. Per due giorni? Sì, forse per due giorni. Don Tita osservò che il cappellano doveva venire l’indomani a celebrare in Santa Maria. Egli avvertirebbe la cognata di trovarvisi, le due signore si sarebbero intese. Chiuso il discorsino, lo suggellò con un «sipo sipo». I «sipo sipo» dell’arciprete significavano congedo. Se diceva «sipo sipo» in casa sua, il visitatore doveva intendere che non c’era più ragione di trattenersi. Se lo diceva in casa d’altri, era egli stesso che dava il segno così, strofinandosi le coscie a mani spiegate, della propria partenza. Stava infatti alzandosi dalla sedia quando una inattesa domanda di Lelia lo fece ridiscendere a sedere. Lelia gli domandò improvvisamente quale viaggio intendesse fare sua cognata. Il viso dell’arciprete, alquanto congelato fino a quel momento, si soffuse di tepida bonarietà. Gli occhi acquosi del cappellano che indagavano inutilmente alcuni libri sul tavolo vicino, si alzarono al viso di Lelia, vi si fermarono mentre l’arciprete spiegava, con grande abbondanza di parole, che la cognata desiderava da molto tempo fare le proprie divozioni al Santuario di Monte Berico, che aveva anche in mente di spingersi poi fino a Castelletto del Garda per una visita alle monache della Sacra Famiglia; che però a quest’ultimo viaggio, se non trovasse compagnia, rinuncerebbe.

«Ho domandato per sapere» disse Lelia. «Forse andrei volentieri anch’io, almeno al Santuario di Monte Berico.»

«Oh!» esclamò l’arciprete, tutto contento. «Niente di meglio, niente di meglio.»

Lelia si affrettò a dire che non prendeva alcun im-