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PRELUDIO MISTICO 25

lire dei suoni, incalzante, ansante, delirante, verso visioni di gioia. Lasciò allora le tracce del Pergolese, effuse in musica l’anima piena ed ebbra delle parole


Paradisi gloria


colandogli per le gote lagrime silenziose. Egli s’infondeva col suo Andrea, col suo caro, col suo amore, dentro un altro infinito amore, tutto luce, tutto musica, forse; e la sua musica terrestre fremeva di desiderio verso la musica divina, come il getto d’acqua che fiotta spumante al vertice nella brama impotente dell’altezza originaria. Poi lo stringevano altri subiti ricordi dei suoi peccati, delle debolezze della sua carne, balzanti su, tutti insieme, dalle ombre della memoria con una vivezza paurosa, come nemici dimenticati che gli corressero sopra in folla da un agguato, gridando ciascuno il proprio nome sinistro. La gloria del Paradiso, l’incontro col suo morto diletto, per quanto fosse forte la sua fede in Dio, per quanto salda fosse la sua previsione di una morte vicina, erano realtà senza forme distinte, nuclei luminosi nascosti nei vapori della propria luce. Gli era facile pensarne e parlarne in musica. Non fu così per i ricordi mordenti del peccato. Le mani gli piegarono, pendettero senza moto, aggrappate alla tastiera muta; la testa gli si chinò sul petto.

Per brevi momenti. Nell’umiltà sua, ignara dell’orgoglioso sdegno che rende tanto amare le cadute morali, gli era facile l’abbandono alla divina pietà. Rialzò il viso, rialzò le mani, trasfuse nel piano la preghiera dell’anima, un Miserere pieno di passione, sì, ma puranco di soavità, pieno del senso di un lavoro largo che fluisse sulle colpe, pieno di gratitudine, quasi, e di letizia; come se il penitente si compiacesse della propria necessità che il Padre Celeste fosse a lui più amoroso e pio di un padre umano. Le mani svolgevano una me-