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«AVEU» 355

processione di mitre, di zucchetti, di tricorni, di cappucci, di abiti neri, bianchi, rossi e violetti che oggi cammina davanti a noi. Ma questo non è ancora il fondo. Credo di trovarmi ancora in acque instabili che sentono l’urto dei venti e il moto delle correnti, credo di obbedire ancora all’impulso di sentimenti che furono il veicolo delle mie fedi passate; credo che avrò riposo solamente in quelle ultime profondità solide dove la voce di Cristo «o tu di piccola fede» non arriva più, dove un giorno scenderanno a giacere per sempre anche le mitre, gli zucchetti, i tricorni e i cappucci. Se guardo a quello che credevo un anno fa e a quello che credo adesso, mi domando, per quanto la stessa domanda mi faccia orrore, se domani crederò ancora in Dio. Questa luce del mio spirito, ferma sino a ieri, comincia già a balenare.

Ebbene, sarei un mentitore se Le dicessi che desidero morire per questo. No, se non fosse che per questo, vorrei invece più intensamente vivere. Mi proibirei, vivendo, di pensare più a cose religiose, mi proibirei negazioni e credenze, mi farei padre, fratello, amico di questa povera gente, vorrei dare ad essa tutto che potrei dare di bene vivendo poveramente anch’io, vorrei cercarmi una compagna da poter amare coll’anima e coi sensi, vivere di amore per addormentarmi un giorno, confidente nel mistero che non conosco e non posso conoscere. Ma questo Paradiso è duramente chiuso per me. Se desidero di morire è perchè la febbre che ho voluto combattere, che ho sperato un momento di vincere, questa febbre che ha nome Lelia si è rincrudita, mi arde, mi consuma e non la combatto più.»

A questo punto una fiamma corse il sangue di Lelia, una nube le oscurò la vista, ella si sentì come una festuca in un gran vento, nel soffio di un Dio, Signore del Cielo e della Terra, davanti al quale piegasse tutto,