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«AVEU» 349

«Dove, signora contessa?»

Così, preso il braccio di Lelia, donna Fedele raggiunse lentamente la breve costa ombrosa fra i castagni e il rivoletto, dove ogni filo d’erba pareva sapere di che l’una e l’altra avrebbero parlato ancora.

Donna Fedele sedette; Lelia rimase in piedi.

«Sei stata cattiva» disse la prima, quando il vetturale si fu allontanato.

«Lo sono ancora» rispose Lelia, guardando nel rivoletto corrente ai loro piedi.

Donna Fedele tacque un poco, guardò ella pure nell’acqua e disse piano, senz’alzare il capo:

«Pensa che forse non mi vedrai più.»

«Quando parte?» chiese la fanciulla, nello stesso tono sommesso.

L’amica ebbe un lieve scatto nella voce

«Adesso parto per andare a Torino ma credo che poi partirò da Torino per andar a trovare i miei vecchi!»

«Non pensi a queste cose» disse Lelia resistendo all’emozione.

«Quando saprai» riprese donna Fedele «che sono morta, ti ricorderai della promessa che mi hai fatta?»

Lelia rispose un «sì» appena intelligibile. Donna Fedele si levò di tasca due lettere, ne porse una alla fanciulla.

«Qui c’è tutto» diss’ella; «nomi, indirizzo, istruzioni. Nel testamento non c’è che il legato per te, puro e semplice.»

Lelia prese la lettera, in silenzio.

Donna Fedele la sentì commossa, le domandò se fosse contenta, ora, di averle scritto come aveva scritto. La fanciulla abbassò gli occhi, rispose:

«No.»

«Ecco, la tua lettera è qui» disse donna Fedele, porgendole l’altra busta.