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PRELUDIO MISTICO 23

zione mentale, che Massimo potesse notare nel vecchio durante tutta la conversazione. Furono però tali che, collegandoli col discorso della cameriera, se ne sgomentò. Si alzò risolutamente, si confessò stanco e chiese licenza di ritirarsi.

«Non abbiamo preso il caffè» disse il signor Marcello.

Massimo non prendeva caffè, la sera. Il vecchio lo pregò di fargli almeno compagnia mentre lo prendeva egli. Massimo tentava di resistere temendo essere ancora tirato a discorrere, quando Teresina che stava in agguato nella veranda aperta sulla fronte della villa, a due passi dai sedili, ne uscì fuori e disse al padrone che gli aveva portato il caffè in camera. Prima ancora che il padrone, sorpreso, protestasse, ella correva già verso la cucina per fare della sua menzogna una specie di profezia. Vinse così la partita. Massimo salì la scala di legno che mette dal salone, con due branche, al primo piano e il signor Marcello si avviò alla sua camera del pian terreno, attigua allo studio, volta alle immediate pendici della Priaforà.


III.



Tutta la casa dormiva, oscurata da un pezzo, quando egli uscì di camera, alta figura curva, spenzolando la lucerna fiorentina nella sinistra e tenendosi sul petto, nella destra, un portafogli chiuso. Passò lentamente per lo studio e per la sala del biliardo, entrò nel salone, levò la lucerna sul piano posato per isghembo quasi sotto una branca della scala uscendogli allora dall’ombra il rugoso volto soffuso di dolcezza e di beatitudine. Posò sul leggio il portafogli e lo aperse pian piano, con mani tremanti. Apparve un ritratto, il ritratto di suo figlio.