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INTORNO A UN'ANIMA | 333 |
IV.
Giunta al ponte del Posina, si fermò a guardar giù la corrente rapida e silenziosa. Non era mai passata di là, dopo quella notte, senza un assalto di pentimento della promessa fatta a donna Fedele, senza un brivido di desiderio e di ribrezzo. E non si era mai fermata a guardar la roggia. Ora si fermò, quasi contro voglia, come se una forza ignota la costringesse a guardar nell’acqua e quindi a riconoscere, ancora contro voglia, che non vi era più in lei alcun desiderio di morire. Solamente allora, guardando l’acqua, ebbe la rivelazione improvvisa di questo suo nuovo, profondo stato d’animo. Guardava l’acqua corrente e l’attonita anima sua si apriva lenta, mostrava nel profondo a se stessa un’aspettazione istintiva di amore, di felicità, contraddicente alle previsioni della ragione, contraddicente ai generosi propositi di rinuncia. Si levò palpitando dal parapetto del ponte, si ripose in cammino. Credette sentire la vita incarcerata delle cose anelare all’amore e alla gioia, mute avidità comunicarsi a lei. Le pareva che il battito delle turbìne di Perale le fosse interprete delle cose mute, le dicesse: «Anche tu, anche tu». E il suo cuore batteva: «Anch’io, anch’io». L’aria stessa, odorata di boschi, le spirava, entrandole in bocca bramosia fidente di amore e di gioia. Avrebbe voluto prendere il sentiero che sale a destra pochi passi oltre il ponte perdersi fra gli alberi, buttarsi a terra dove nessuno la potesse vedere, cedere ivi senza ritegno alle immaginazioni ancora informi di cui sentiva l’assalto ardente, dar loro forma, colore, vita, vivere di esse. Ma il sentiero era sbarrato di tronchi e di pruni. Non