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CONTRO IL MONDO E CONTRO L'AMORE 317

benefica del danaro che gli costava questo nipote, agli occhi suoi semireprobo. Vivrò del frutto d’un piccolo capitale cui si ridusse l’eredità di mio padre e di mia madre. Sono, su per giù, da quattro a cinque lire il giorno che qui o in un altro paese simile a questo mi basteranno per le necessità della vita, le quali per me si riducono, fortunatamente, a piccola cosa. Da quanto mi dicono, sarà forse inutile che io concorra alla condotta medica della Valsolda perchè eleggeranno il medico che la tiene adesso provvisoriamente. Questo è il punto nero della mia situazione. Non posso vivere senza libri e periodici e ho quindi bisogno di guadagnare qualchecosa coll’opera mia personale. La clientela che riuscissi a fare qui mi aiuterebbe certamente assai poco. È un punto nero ma Le assicuro che il senso nuovo della mia povertà, povertà relativa e lontana dalla miseria, mi è dolce. Non è che io goda di sentirmi indipendente da un benefattore; godo di sentirmi quasi indipendente dalle cose e anche di sentirmi disceso fra gli umili, disceso da un mondo nel quale imperano le forme e la simulazione a un mondo più schietto. Sarebbe una gioia se oggi l’anima mia fosse capace di gioia.

Mi scriva, cara amica. Diriga a Dasio, per San Mamette, provincia di Como. Meglio non mi parli della piccola persona da dimenticare.

E adesso addio. Un brigadiere di finanza mi fa pregare, in questo momento, di vedere un suo bambino che ha mangiato troppa frutta. Capisce che col mio primo cliente non mi sarà difficile farmi onore! Le bacio la mano.

Suo devoto figliuolo
Massimo.


P. S. — Pensi, ora soltanto mi colpisce la immagine sacra appesa alla parete sopra il mio letto. Rappresenta