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CONTRO IL MONDO E CONTRO L'AMORE 315

nascere. Ero come un’alga sradicata in balìa dell’onda, quando, essendo studente a Roma, conobbi, in un paesello del Lazio, l’Uomo la cui salma verrà, fra poco, a riposare qui. L’ho adorato e finchè egli visse, l’ombra di un dubbio non mi turbò. Avrei dato lietamente la vita per la mia fede e per la Chiesa. Potei desiderare che l’Autorità della Chiesa tenesse, in questo o in quel campo, una via diversa, ma la possibilità di ribellarmi ad essa non si presentò mai alla mia mente. Durai così per qualche tempo dopo la morte del Maestro. Poi le ingiuste accuse di volontarii dissensi dalla dottrina cattolica mossegli con evidente mala fede da persone non chiamate a giudicarlo, le ostilità che io stesso ebbi a subire come suo discepolo da una plebe di farisei e, dall’altra parte, il contatto corrodente di certa ipercritica, di certi novatori negativi, naviganti senza bussola e senza timone, ipercritica e novatori onde il mio Maestro mi aveva sempre tenuto lontano, vennero preparando un disfacimento della mia compagine di credenze, che progredisce ogni giorno. Non creda, cara amica, che io perda la fede come la perdono certe persone, meno intelligenti e meno colte di quanto si figurano essere, che prendono a disprezzare il Cattolicismo per certe particolarità del culto che loro dispiacciono, per certe oscurità del dogma che loro paiono chiaramente assurde e anche risibili. Queste sono miserie di gente presuntuosa che del Cattolicismo sa ben poco e si arbitra di giudicare, da scranne pusille, la religione di S. Agostino, di Dante e di Rosmini. No; la mia fede si viene disfacendo per altre ragioni. Il dubbio che ingrandisce nell’anima mia è che questa divina Religione sia per subire la sorte subìta dalla Religione divina di Mosè, che l’elemento divino sia per uscirne come da quella uscì, preparato dai profeti, il Cristianesimo, lasciando dietro a sè la spoglia morta di tutto l’antiquato,