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PRELUDIO MISTICO | 19 |
perchè gli pareva esserne spiato nell’anima, mostrare il suo sentimento intimo; e da questo abborriva.
Prima di raggiungere la villa, Teresina e Alberti incontrarono Cioci, sciolto del suo carico, che desiderando, per fini poco reconditi, ossequiare il forestiere, aveva preso quella via molto viziosa di salire a Lago, invece di andarvi diritto attraverso la parte superiore del giardino. «Ben, sior» diss’egli, sberrettandosi: «felice notte, salo.»
Avuto quel che aspettava e ringraziato il munifico viaggiatore, annunciò a Teresina che il suo padrone stava scendendo dietro a lui.
«Ecco!» esclamò la cameriera. «Me lo immaginavo!»
S’incontrarono a pochi passi dalla spianata dove sorge la villa. Faceva scuro, il signor Marcello scendeva curvo, con passo malfermo. Massimo gli salì rapido incontro, ne fu abbracciato strettamente, silenziosamente, cominciò subito a scusarsi della intrusione accusandone don Aurelio, mentre il vecchio ripeteva commosso:
«Lei non sa, Lei non sa, Lei non sa che gioia mi è di vederla e di abbracciarla!» E se lo strinse al petto un’altra volta.
Dalla spianata entrarono, per la sala da pranzo, nel salone, il signor Marcello appoggiandosi al braccio di Massimo. Egli volle che l’ospite fosse subito accompagnato nella sua camera. Sarebbero stati insieme più tardi. Massimo avrebbe preferito rimanere allora un poco perchè poi il signor Marcello se n’andasse a letto; ma il signor Marcello non ne voleva sapere, e Teresina, conoscendo il cuore di fanciullo del suo vecchio padrone, lo indovinò impaziente che l’ospite vedesse cosa gli aveva preparato in camera, desideroso di affrettargliene la impressione. Perciò unì il suo sommesso invito alle insistenze del padrone, per modo che Massimo intese la opportunità di cedere.
Il signor Marcello gli disse, nel congedarlo, che lo avrebbe atteso lì per prendere il caffè insieme.