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284 CAPITOLO NONO


Donna Fedele osservò con dolcezza, sottovoce, che non era possibile. Era contro le convenienze, era contro il suo dovere filiale, era contro il suo interesse. Lelia protestò che non le importava di convenienze nè d’interessi. Ma il dovere? ribattè donna Fedele. Che dovere! Verso un padre simile? Gli aveva dato denaro, gliene darebbe ancora, se ne avesse; ma basta. Tanto, egli non desiderava che denaro. Affetto no, certo.

«Tu sei religiosa» si arrischiò a dire donna Fedele.

«Questo non c’entra.»

«Oh sì, c’entra!»

Lelia tacque.

«Ma io non so» esclamò a un tratto «se sono religiosa!»

«Non lo sai?»

Donna Fedele aveva messo il discorso in quel campo, non tanto per ricordare a Lelia il carattere religioso dei suoi doveri filiali, quanto per saggiare la religiosità di una donna che aveva tentato il suicidio. Lelia rispose asciutta:

«No, non lo so.»

«Ma preghi, però.»

«Adesso non prego più. Almeno come insegnano i preti. Li detesto.»

«Oh perchè?»

Lelia non rispose.

«Ho avuto una cameriera» disse donna Fedele «che non volle più bere vino perchè una volta sbagliò bottiglia e bevette inchiostro.»

Lelia tacque un poco e poi uscì a domandare:

«Lei, in religione, che idee ha?»

«Te le ho già dette. Sono una cattolica all’antica e non confondo i preti cattivi colla religione.»

«Credevo che avesse le idee...»

La fanciulla non rispose, neppure poi che donna Fe-