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SANTE ALLEANZE 255

l'entrata di mezzogiorno. Giovanni, a vedere quel carico di zimarroni e di sciarpe eteroclite, per poco non scoppiò a ridere. Teresina invece aveva un viso funebre. Ella accompagnò la governante del nuovo padrone nella stanza del secondo piano, che le aveva destinata. Per via la governante le annunciò che sapeva com’ella fosse la cameriera della «popòla», della «süra Lella». Forse perchè «el Lella» è un personaggio popolare in Lombardia, la Gorlago non seppe mai nominare Lelia che così.

«Andaremo d’accordi» diss’ella nel suo lombardo macchiato di padovano. Poi le fece gli elogi del suo «sciòr», proprio un buon omaccio, di cuore.

«Però» soggiunse con un sorriso degno dell’originaria osteria, «che La se guarda, perchè ghe pias minga mal i bej donnett.» «Eh ben» rispose Teresina rossa rossa «no l’è discorsi per mi no, questi.» E pensò: «Gèsu, che compagnia!» La Gorlago fu poco soddisfatta della camera ch’era spaziosa e alta ma prendeva luce da un abbaino. Prese possesso, senza cerimonie, d un’altra camera, sulla fronte della villa, sopra il salone in casa la chiamavano la camera delle rondinelle, pe certa decorazione. Il povero signor Marcello aveva detto a Teresina, molti anni addietro, quando suo figlio era ancora un ragazzotto: «nella camera delle rondinelle andranno i bambini di Andrea. Teresina lo ricordava bene e quando la Gorlago, con quell’aria di donna mal ritirata dagli affari sporchi, entrò lì dentro da padrona, si sentì venir le lagrime agli occhi e andò a sfogarsi nella sua camera. Vi capitò subito Giovanni. Il padrone la voleva. «Che padrone! La padrona è la signorina» diss’ella, irritata. «Io credo» rispose Giovanni «che non ci pagherà mica la signorina. Sarà lui che ci pagherà. E allora io lo chiamo padrone.»

Il sior Momi si era scelta la stanza d’angolo al primo