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VERSO L'ALTO E VERSO IL PROFONDO | 247 |
4 luglio...
Vengo.
La posò sul tavolino, presso il calamaio, per modo che fosse veduta subito. E risolse, per un altro impulso opposto al primo, di prendere la borsetta con sè. Si lavò accuratamente col sapone una piccola macchia d’inchiostro che si era fatta sull’indice. Poi, guardatosi attorno col pensiero di lasciare ogni cosa in ordine, levò dal tavolino da notte il Journal d’Eugénie de Guérin, datole a leggere da donna Fedele e lo posò sul cassettone, pensando che il lasciarlo sul tavolino da notte fosse un atto d’ipocrisia. Sentiva di non avere niente di comune con Eugénie de Guérin. Posando il libro sul cassettone, pensò quale orrore avrebbe provato la Guérin, in quel momento, di lei e quanto invece fosse lontano da lei ogni turbamento di carattere religioso, quanto le fossero indifferenti le proibizioni del Dio dei preti. Ebbe uno slancio di preghiera grata e dolce verso un Ignoto col quale si sentiva in pace. Guardò l’orologio. Non erano che le undici e un quarto. Ma chi poteva andare attorno in quella notte piovosa, tenebrosa? Incontri non erano a temere, decise di non aspettare più oltre. Tagliò il cordoncino di una tenda per toglierne con sè un pezzo da legarsene, prima del salto, le sottane che non le si rovesciassero così da scoprire le gambe. Mise le soprascarpe di gomma, per non far rumore scendendo le scale. Spense la luce e uscì.
Attraversò pian piano, al buio, una stanza vuota, tremando di fare scricchiolare l’impiantito di legno ed essere udita dalla cameriera o dalla cuoca, le camere delle quali mettevano, come la sua, in quella stanza vuota. Giunta sulla scala, si sentì più tranquilla. Nel discendere, colla visione ai suoi piedi della roggia profonda e delle robinie verdi-chiare che vi sporgono sopra da sinistra, le vennero in mente certi grossi pali