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VERSO L'ALTO E VERSO IL PROFONDO 241


Lelia parve contenta, disse di confidare che suo padre le ne avrebbe dato il permesso. Tanta mansuetudine fece stupire donna Fedele.

«Avrei anche necessità» diss’ella «di vedere certi miei affari in Piemonte. Vuoi che gli domandiamo di lasciarti venire in Piemonte con me per tre o quattro settimane?»

Lelia rispose di sì, aspettò che la cameriera se ne andasse dopo avere servito il caffè, prese a giocherellare col cucchiaino, disse sorridendo di un sorriso livido:

«Adesso che tutto è finito, posso sapere se proprio non era combinato che quel signore venisse alla Montanina?»

Donna Fedele trasalì alzando le sopracciglia, offesa da quel dubbio sulla sua sincerità.

«Adesso che tutto è finito» rispose vibrata «ti assicuro che non mento mai e che non era combinato niente! Quando Alberti è venuto pensava a sposar te come io penso a sposare Carnesecca.»

Lelia rise forte, d’un riso forzato.

«Come Le viene in mente Carnesecca?» diss’ella.

«Perchè lo vedo!» rispose donna Fedele. «Eccolo là ch’è venuto dal cancelletto piccolo, dimenticato aperto dal signor custode, come il solito.»

Lelia si guardò alle spalle. Infatti l’amico Carnesecca, più scarno e giallo che mai, avanzava a passi lenti, col cappello in mano, verso la veranda. Giunto agli scalini si fermò malgrado il sorriso incoraggiante di donna Fedele.

«Avanti, Carnesecca!» disse questa e si affrettò a correggersi: «Oh scusi scusi! Ismaele!».

«Ma di che mai si scusa, Dama bianca delle Rose?» fece il venditore di Bibbie. «Ma di che mai? Mi hanno posto un nome di scherno perchè predico Gesù e i migliori servi di Gesù. Così mi hanno assicurato un