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NELLA TORRE DELL'ORGOGLIO 221

«Ma non Le si domanda umiltà, non Le si domanda gentilezza» ribattè la dama. «Le si domandano ragionamenti.»

«No no, cara signora, non ho udito che nessuno mi domandi ragionamenti.»

«Ma io» esclamò la donna, «io, li domando!»

«Ah, Lei!» fece Massimo. Tacque un poco e riprese sorridendo: «Domando qualche cosa anch’io. Non ho voluto il piccolo rogo freddo della signorina Làlina perchè non mi poteva servire neanche per il thè. Domando se quest’altro terribile rogo sul quale ho udito che sto, mi possa scaldare una tazza di thè».

«Non sia così rabbioso, Alberti!» replicò la dama.

La damigella mormorò:

«A momenti ci morde.»

«Oh no, signorina» rispose Massimo, ridendo «In avvenire, si guardi; ma per ora ho la museruola.»

Il thè fu servito in un’altra sala. La dama si prese Massimo in disparte.

«Perchè non si è difeso?» diss’ella. «È stato male. Il professore ha fatto un gran chiasso contro di Lei, persino in iscuola.»

«E che me ne importa?» rispose Massimo. E andò a conversare colle due straniere, fu molto amabile. Non si curò invece di essere amabile colla damigella di casa. La Grüssli e la Làlina erano persone poco equilibrate, poco riflessive, ineguali, intellettualmente, alla parte che volevano rappresentare, ma sincere e appassionate per le loro idee. L’ostilità della damigella di casa era meno rispettabile, era l’attitudine presuntuosa di una donna superiore per natali e ricchezze, mediocre per ingegno e cultura, che, pigliando sul serio gli omaggi resi alla sua femminilità aristocratica, alla sua istruzione più appariscente che solida, si erige a giudice di uomini e d’idee senz’averne la competenza, sentenzia secondo un