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PRELUDIO MISTICO | 9 |
grazie a quel che vedeva e udiva in casa, non aveva più misteri per lei; tendenze disprezzate e odiate con tutta la forza del suo spirito altero, come nell’intimo suo disprezzava la madre, tanto che il disprezzo le sprizzava talvolta di sotto i modi corretti duramente. Tra i dodici e i quindici era stata in collegio, al Sacro Cuore, distinguendovisi per ingegno, amore allo studio, singolari attitudini musicali. A sedici aveva creduto riamare Andrea Trento. Egli era sui diciotto e studiava matematiche a Padova, patria di Lelia, natavi dal signor Girolamo e dalla signora Chiara Camin, che si facevano chiamare da Camin. Il sior Momi era un volgare affarista, fallito più di una volta, mescolatosi anche, in vario modo, alla politica.
La signora Chiara aveva militato, non senza gloria, nella galanteria, si era divisa dal marito, in via sommaria, quando appunto lo studente Trento, vicino di casa dei Camin, aveva incominciato a innamorarsi della figliuola. Già matura, si era stabilita a Milano con un vecchio signore austriaco, morto poi quasi subito, e ne aveva ereditata una discreta fortuna. Allora si era data alla pietà, aveva aperto la sua casa a preti, a frati, a suore, che facilmente, senza tanto indagare, l’avevano creduta vedova e nulla sapevano del marito di Padova. Questi, alla sua volta, si teneva in casa una donnaccia per governante, dissimulando molto le proprie debolezze ma tollerando troppo che la rozza creatura prendesse delle arie da padrona.
Lelia aveva accettato l’amore di Andrea per gratitudine, per compiacenza di giovinetta ammirata e desiderata, piuttosto che per un vero ricambio di sentimento. Egli era troppo giovine, per lei, troppo gaio, troppo immaturo a penetrare con adeguato sentimento in quel dramma morale che si agitava nel profondo dell’anima di lei. Bello, intelligente, generoso, Andrea Trento era