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192 CAPITOLO QUINTO

nella vita reale. Avevano errato, allora, l’uno e l’altra, si erano troppo poco guardati da un gran pericolo. Più lei, più lei, che, s’egli avesse parlato, s’egli avesse voluto, gli avrebbe tutto sacrificato con gioia! Viveva ancora suo padre, allora. Dio, se fosse caduta così, quale orrore! Si chinò a baciare le mani di avorio, s’inginocchiò, pregò, promise al morto amico di essere materna per la donna ch’era stata l’amore del figliuol suo. E poichè egli aveva desiderata, alla vigilia di morire, l’unione che gli pareva buona per lei, buona per la propria casa, promise che quella unione sarebbe. Si alzò, consolata. Udiva distintamente il battere dell’orologio d’oro sul tavolino da notte. Era come se qualche cosa di lui vivesse ancora, potesse avere inteso. Fiori erano stati sparsi sul letto. Ella pensò che altri ne avrebbe tolto uno per memoria. Non seppe farlo nè seppe cosa la trattenesse. Baciò ancora le mani di avorio, baciò il crocifisso, a suggello della promessa.


II.


Ella fu molto sorpresa, uscendo dalla camera della Morte, di trovare Lelia nello studio. Era fremente, irritata contro l’arciprete e il cappellano, sopra tutto contro quest’ultimo; tanto irritata che non volle parlarne lì, presso la salma. Passò con donna Fedele nella sala del biliardo. Sì l’arciprete che il cappellano avevano molto deplorata, nel senso religioso, la fine repentina del signor Marcello; e alle parole di lei che ricordava la vita immacolata e caritatevole dell’estinto, la pietà grande, i Sacramenti ricevuti pochi giorni prima, l’arciprete non aveva risposto che dei freddi «speriamo» e il cappellano niente. Poi l’arciprete si era permesso