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190 CAPITOLO QUINTO

verbosa, volesse dire altro e poi, fra i singhiozzi, se ne pentisse. E come avevano scoperto?

Rispose Lelia. Giovanni era andato a portargli il caffè alle sette, lo aveva trovato cadavere. Era a letto, seduto, col busto fuori delle coltri e il capo appoggiato alla spalliera. La morte, anche a giudizio del medico, aveva dovuto essere istantanea perchè il corpo era composto, il viso tranquillo, non c’era stato tentativo di scendere nè di suonare il campanello. Istantanea e avvenuta quando egli era appena salito sul letto, prima che si disponesse a prender sonno. La lucerna ardeva ancora. Teresina aggiunse altri particolari, Giovanni, che dormiva a pian terreno, aveva udito, prima ancora di porsi a letto, il padrone passare e ripassare davanti al suo uscio, aprire la porta della villa verso il monte. E la mattina per tempo, nel mettere in ordine la sala da pranzo, non aveva trovate certe pianticelle poste dalla signorina in vasi di cristallo. Le aveva poi trovate il custode, in vasi di terra, all’aperto. Nessuno di casa ne sapeva niente. Certo le aveva portate fuori il padrone perchè prendessero la pioggia. Allora due lagrime spuntarono anche negli occhi di donna Fedele, che parevano insieme sorridere di commozione tenera.

«Avrai bisogno di aiuto» diss’ella, dopo un momento di lotta colla sua commozione, a Lelia. Questa le porse il telegramma ricevuto allora. Era l’agente del signor Marcello, che annunciava il suo prossimo arrivo da Vicenza con un notaio.

Donna Fedele domandò se ci fossero parenti da avvertire. Teresina sapeva che c’erano dei cugini in terzo o quarto grado, ma il padrone le aveva detto più volte, perchè lo ridicesse, che, s’egli venisse a morte, non fossero incomodati.

Entrò Giovanni e chiamò la cameriera. Costei rientrò a dire che l’arciprete e il cappellano chiedevano se la