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FORBICI | 187 |
caffè con don Aurelio, quando il curato aveva detto messa a Santa Maria dei Monti. Era partito anch’egli, il caro don Aurelio, partito per sempre. Non lo rivedrebbe più.
Ritornò nel salone col cuore grosso. Parole amare contro i preti di Velo gli montarono alla bocca, gli mossero silenziosamente tutti i muscoli del viso, mentre riprendeva la lucerna per andarsene a letto, chè di scrivere aveva perduta ogni voglia. Alla vista della Bibbia e dell’Imitazione che si teneva sul tavolino da notte, si sgomentò di avere ceduto agl’impulsi della sua natura focosa, di avere mancato di carità egli stesso che ne rimproverava gli altri. Se ne confessò a Dio con uno slancio dell’anima e, presa la piccola Bibbia, la strinse a due mani, senza aprirla, come il naufrago una corda, fino a che si sentì fluire pace nel cuore. Posando la Bibbia, gli venne l’idea di andarsi a confessare, l’indomani, proprio dall’arciprete. Tranquillo in questo proposito, registrò, come faceva ogni sera, le spese della giornata. Poichè era l’ultimo del mese e aveva dimenticato di pagare i salari dei domestici, li preparò con cura, ben distinti, sulla piccola scrivania. Preparò anche altri gruzzoli di sussidi mensili a poveri. Il malinconico sussurro della pioggia lo fece risovvenire dei due calici di cristallo colle pianticelle di ciclamini che erano nella sala da pranzo. Rovistò in un ripostiglio fino a che n’ebbe trovati i due vasetti di terra onde erano stati levati per collocarli barbaramente, come a lui pareva, nel cristallo. Ve li rimise, contento dell’atto pio. Come se udissero piovere e soffrissero di non godere l’acqua vitale del cielo, disse loro, proprio parlando, che li avrebbe portati fuori. E li portò amorosamente fuori, senza curarsi della pioggia, li collocò uno presso all’altro dietro la villa, sul margine del pendio erboso. Raddrizzando la persona fu preso da vertigini. Non vi badò. Gli era successo