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FORBICI 183

segno che il signor Marcello le faceva per le sue spese personali, accompagnando le spedizioni con poche parole asciutte. Lo disprezzava, sapeva di disprezzarlo e se ne credeva in diritto. Mandava il denaro senza rimproveri nè consigli, come cosa spregevole a spregevole persona. Lo sapeva pieno di debiti e tuttavia non credeva un iota delle miserie ch’egli le raccontava. Certe parole udite, certi fatti osservati durante la sua dimora nella casa paterna l’avevano persuasa ch’egli possedesse a fondo l’arte di gabbare i creditori, che ostentasse miseria e nascondesse quattrini. Ma che ne importava a lei? Se sua madre le avesse chiesto danaro ne avrebbe mandato anche a sua madre. Invece sua madre le scriveva, di tempo in tempo, domandandole affetto con parole piene di unzione religiosa. Lelia non le rispondeva mai, aveva persino rimandato immediatamente il pio dono materno di un rosario benedetto dal Santo Padre. Bella fine, pensò, che farebbero i denari di casa Trento se io fossi l’erede! Le rinacque il dubbio di un equivoco in cui fosse caduto il signor Marcello per causa di quel bacio. In qual modo uscirne? Cessò dal faticoso pensare, si affisò inerte nella cascatella. Con altre immagini nascenti della mente sua torpida come vapori di palude, le ascese lenta la visione dello stagno bruno, cinto di carpini che si piegano a guardarvi dentro; e passò.

Le fu assai grave, due ore dopo, dover scendere dalla sua camera per il pranzo. Sentiva di non poter mangiare, prevedeva l’interrogatorio del signor Marcello che osservava tutto, indagava tutto, voleva saper tutto; specie quando le sue disposizioni erano affettuose. Perciò, se non fosse discesa sarebbe salito egli, avrebbe frugato nell’anima sua, Dio sa con quante domande. Di-