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FORBICI 173


Lo seguì nella camera del biliardo. Egli chiuse dietro a lei l’uscio del salone, ritornò a lei, le pose le due mani sul capo, le disse, sorridendo negli occhi umidi:

«Hai pensato ad Andrea?»

Ella non comprese, lì per lì, la ragione della domanda, rispose a caso:

«Sì, papà.»

E tremava per il timore di un equivoco provocato da lei stessa, tremava per la commozione di avergli udito nominare Andrea.

«Sii benedetta, cara» disse il vecchio.

Ella rabbrividì. Perchè la benediceva? Avrebbe voluto ch’egli si spiegasse e non era possibile domandarlo. Il vecchio non l’aveva benedetta per alcun equivoco, ma solo per l’atto pio, affettuoso di lei. Un atto affettuoso, una parola gentile bastavano sempre a fargli dimenticare ogni ragione di corruccio. Certo in fondo al suo cuore prendeva radice la speranza che, di fronte alla preghiera di un morto, Lelia non avrebbe persistito nel suo rifiuto. «Addio» diss’egli lasciandola per ritirarsi nello studio. La vide incerta se restare o muoversi, parlare o tacere. Allora, per quella sua tenerezza impulsiva che gli faceva talvolta passare il segno delle condiscendenze, le prese le mani, le disse sorridendo:

«Ho visto la Vayla dopo che avete parlato insieme. Devo dire, per la verità, che a quella tal cosa ho pensato io quando quel tale venne qua, per non sacrificarti a un mio egoismo. Mi pareva che anche Andrea ne sarebbe stato contento. Ma poi, se il restare come sei non è un sacrificio per te, io ne sono felice.»

Lelia non rispose, parve non voler comprendere. Di fronte a quel silenzio, il signor Marcello si pentì di essere andato, nell’ultima parte del suo discorso, tant’oltre. Ma non c’era da ritornare indietro.

«Va» diss’egli «prendi un po’ d’aria. Dovresti andar