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FORBICI | 163 |
«Ah!» esclamò. «Collocarmi! Benissimo. E il collocamento, per un caso strano, è pronto.»
La punta dell’ombrellino frugò nell’erba, con impeto.
Anche donna Fedele ebbe un palpito di collera, alzò le sopracciglia, guardò, severa, la sua vicina che guardava sempre la punta inquieta dell’ombrellino, ne scrutò il viso ostile, la interrogò.
«Cosa vuoi dire?»
Lelia le gittò alla sua volta un rapido sguardo, rificcò gli occhi nel proprio giuoco nervoso.
«Oh, Lei lo sa bene» diss’ella. «Per un caso strano l'occasione di collocarmi è pronta. Per un caso strano qualcuno che doveva andare a Lago è venuto alla Montanina. Per un caso strano questo tale è giovine, è celibe, vorrebbe collocarsi anche lui, non è uno speculatore troppo cattivo e sa recitare la commedia. Tutti casi strani.»
Le sopracciglia di donna Fedele si alzarono più di prima, e la voce, che in quella interrogazione aveva vibrato, suonò mortalmente gelida.
«Ti accorgi che insulti anche me?»
La punta dell’ombrellino quietò.
«No, Lei non la insulto. Insulto lui, quel signore ch’è venuto per caso. Lei lo crede, forse, che sia venuto per caso.»
«Povera Lelia!» sospirò donna Fedele, senza collera, con pietà profonda.
«Oh no no, sa!» fece Lelia, piano. «Niente povera Lelia!»
Tacquero a lungo l’una e l’altra, guardando l’acqua fuggire con accorato lamento. Finalmente donna Fedele ripetè:
«Proprio povera Lelia! E tu non sai» soggiunse «perchè lo dico. Lo dico perchè vedo nel tuo cuore.»
«Lei non vede niente nel mio cuore.»