Pagina:Leila (Fogazzaro).djvu/168

156 CAPITOLO QUARTO


Donna Fedele credeva ch’egli avesse appresa la notizia da Massimo. No, Alberti non aveva parlato, al suo ritorno da Lago, ed era uscito, la mattina, per tempo. La notizia l’aveva portata don Emanuele. E in che modo l’aveva portata! Era venuto senza dir niente, il signor Marcello l’aveva trovato, con sua grande sorpresa, in sagrestia, credendo di trovarvi don Aurelio. Il cappellano gli aveva detto allora di essere venuto a celebrare in sostituzione di don Aurelio, per ordine dell’arciprete. E c’era voluto il cavatappi a strappargli che il signor arciprete era stato pregato da don Aurelio di sostituirlo, che don Aurelio non era ammalato, che si era allontanato dal paese, che vi era una sua lettera, nella quale riconosceva il proprio dovere di partire. Anche la bella fronte di donna Fedele si oscurò e un lampo di sdegno passò nei grandi occhi bruni. Lelia sapeva il fatto perchè il signor Marcello era risalito subito alla villa e gliel’aveva raccontato. Ora si contentò di osservare freddamente che don Aurelio aveva fatto bene. Una fugace fiamma salì al volto pallido di donna Fedele. Ella si contenne e, preso il braccio della fanciulla, le disse che, dopo una breve conferenza col signor Marcello, l’avrebbe pregata di mostrarle certo vicino angolo romito del Parco di Velo, di cui le aveva parlato con lode. Lelia, freddamente ancora, consentì.

Il signor Marcello chiese all’amica se preferisse il suo studio, per questo consiglio, o i sedili all’aperto. Ella accettò lo studio, sorridendo, come per significare che si trattava di un consiglio delicato, di carattere intimo. Nello studio il suo viso prese la gravità dolce che lo rendeva così nobile così bello di quella bellezza dignitosa che niente ha di giovanile e tanto d’immortale, che viene illuminando i lineamenti e gli occhi per la virtù lungamente attiva di una vita interna pura e profonda.