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FORBICI | 153 |
sasse un uomo ricco di sentimento religioso come Alberti.
«Che importa ciò?» diss’ella. «L’amore accomoderà queste cose molto facilmente. Del resto, anche da me, che pure Le voglio bene, Ella non pretenderà mica del fanatismo per il Suo Maestro. Mi pare che un Maestro lo abbiamo già da mille e novecent’anni e che quello basti.»
Massimo avrebbe voluto replicare ma donna Fedele lo licenziò con un «vada vada» accompagnato del suo solito sorriso ironico e dolce.
Massimo prese la via dell’alta Val d’Astico, che più lo allontanava dalla Montanina. Oltrepassò il villaggio di Barcarola, si lasciò a destra il ponte di Pedescala, discese, attraverso i prati, sulla riva dell’Astico, stette lungamente a vedere passar veloce l’acqua verde, ad ascoltarne il murmure eguale, a sentirsi battere il cuore. Il cielo era velato di grigio, le montagne imminenti al fiume da destra e da sinistra, chiuse nei loro grandi mantelli scuri, parevano visitatori muti in un’ora di lutto.
Poco dopo le nove la carrozzella democratica di donna Fedele saliva lentamente dal ponte del Posina verso la Montanina. Nello svoltare verso il castagno candelabro ella udì con sorpresa la campanella querula di Santa Maria ad Montes. Chi vi celebrava di tempo in tempo nei giorni feriali era sempre don Aurelio. Possibile che non fosse partito? Scese di carrozza presso il castagno, salì a piedi fino alla chiesina, vi entrò. Era vuota, ma qualcuno si moveva in sagrestia. Andò a vedere, si trovò faccia a faccia con don Emanuele. Non potè trattenere un oh! di meraviglia e si ritirò in fretta mentre il cappellano, dal canto suo, piombava sull’inginocchiatoio per la preparazione. Il chierichetto la informò poi che