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FORBICI 145

«Io no, signorina, non le conosco» ardì finalmente dire la cameriera «ma ci sarà bene chi le conosce.»

«Chi?»

Adesso bisognò che il rivoletto traboccasse.

«Suppongo che il signor Alberti avrà delle signore, nella sua famiglia.»

Cascata.

«Lascia un poco stare il signor Alberti!» esclamò Lelia.

Non per confidenze di donna Fedele, ma per un sottinteso indistinto ch’ella sentiva nei discorsi di lei circa la signorina, per certe novità nel fare e nel dire del signor Marcello, l’astuta cameriera aveva fiutato nell’ambiente un oscuro favore al sentimento colto ben presto da lei negli occhi di Massimo. Della signorina non sapeva che pensare. Quando le pareva una cosa, quando un’altra; e ora aveva gittato lo scandaglio. Trovato duro, ritentò la prova.

«Io, signorina,» diss’ella, «che lo lasci stare? Vedo che il signor padrone ci ha posto proprio il cuore in quel giovine! Una cosa grande, sa.»

Lelia troncò bruscamente, la mandò a vedere se Massimo fosse arrivato. Ecco, n’era certa, Teresina non avrebbe parlato così se non gliel’avessero detto. Era nella congiura anche lei. Ah no, signori! No, signor cacciatore di doti, no no no! Afferrò sul tavolo una vecchia fotografia del signor Marcello, la stracciò d’un colpo. Certo egli pure aveva fatto un mercato, come il signor Alberti, aveva venduto un’anima, tradita una religione di memorie perchè la sua Montanina e i suoi quattrini non andassero in mano dei genitori di lei o chi sa in quali altre mani simili. No, signor Marcello, no, signori, ah no! E Teresina non ritornava. Possibile che Alberti fosse già rincasato e che la perfida non venisse a riferirlo per impedire la passeggiata nel Parco?