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PRELUDIO MISTICO 3

delicata, così nervosa, così eccitabile. Diede un’occhiata all’uscio dello studio.

«Se vien fuori» disse piano «ci trova qui a discorrere, s’insospettisce. Sarebbe meglio passare di là.»

Lelia attraversò rapidamente il salone, ritornò nella sala da pranzo, colla cameriera. Benchè fosse impaziente di udirne il racconto, fece attenzione per un momento al fischio del treno, si domandò se fischiasse da San Giorgio o dalla stazione di Seghe.

«Dunque?» diss’ella.

Dunque, Teresina aveva recato al padrone la corrispondenza, secondo il solito, nello studio. Proprio nel momento dell’entrarvi, lo aveva veduto piegare il capo, prima all’indietro e poi sulla spalla destra, chiudere gli occhi, aprirli stralunati, chiuderli daccapo e daccapo mostrarne il bianco. Allora gli aveva spruzzato il viso d’acqua, aveva suonato per il domestico, lo aveva spedito in cerca della signorina; perchè, a dir vero, un po’ di spavento, da principio, lo aveva provato. Intanto il signore, dato un gran sospiro, si era ricomposto, aveva parlato di un assalto di sonno. Poi si era messo ad aprire i giornali e le lettere; e perchè Teresina stava lì dubbiosa se uscire o rimanere, se fargli qualche domanda o no, l’aveva congedata. Ella si era trattenuta fuori dell’uscio, a origliare. Non aveva udito che spiegazzar carte. Perciò...

Due tocchi di campanello elettrico.

«Il signor padrone!» esclamò Teresina. «Per me!»

E corse via.

Lelia la seguì per alcuni passi, si fermò nel salone a guardarle dietro, a guardar l’uscio della sala del biliardo che tornava lentamente a chiudersi, stette in ascolto, aspettando ch’ella ricomparisse. Intanto il treno fischiò sotto l’altura di Santa Maria, poco prima di entrare nella stazione capolinea di Arsiero, a dieci mi-