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FUSI E FILA 91


Passi sulla ghiaia, dal ponte della Riderella. Il signor Marcello tacque. I sonagli di un uscio annunciarono Lelia, ch’entrava nel salone dalla veranda aperta. Ella uscì sul terrazzo, diede al signor Marcello il bacio della buona notte, salutò Massimo abbastanza gentilmente e si ritirò.


Erano passate le dieci. Giovanni portò al signor Marcello il caffè e la lucernina accesa. Quando l’uscio della sala del biliardo si fu chiuso dietro a lui, Massimo s’indugiò sul terrazzo a contemplare le grandi ombre delle montagne, respirando il vento freddo della notte e riflettendo ai discorsi alquanto stranamente confidenziali del signor Marcello; il quale non aveva pensato, senza dubbio, che potevano avere il senso più ripugnante al suo cuore di padre. Confessò in pari tempo a sè stesso che all’udire il passo di Lelia sulla ghiaia, qualche fibra aveva vibrato dentro di lui, e che il saluto gentile di congedo gli aveva dato dispiacere e dolcezza. Meglio non pensarci tanto. Rientrò nel salone per andare a letto.

Passando davanti al camino, alzò involontariamente gli occhi al fregio di margherite, al misterioso Forse che. Non era più il caso d’interrogare la margherite sulla partenza e la dimora. Fu tentato d’interrogarle su altra cosa, non volle. Si allontanò dal camino, e invece di salire le scale, andò, senz’averne coscienza, verso il piano. Accortosene, se ne domandò il perchè, guardò il fascicolo di Heller aperto sul leggìo, come se fosse venuto là per quello. Ma sentiva e assorbiva l’aura di Lelia, di una femminilità spirante dalle cose, come una fragranza sensibile allo spirito non all’odorato. E vide sul sedile del piano un fiore della memoria, certamente caduto dalla cintura della signorina. Si chinò per raccoglierlo, se ne ritrasse, si allontanò, prese a salire la scala, resistendo alla tentazione insistente di ridiscendere. Giovanni capitò,