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44 parte prima — il sistema leibniziano

Quanto al libero arbitrio, sono dell'opinione dei tomisti1 e di altri filosofi, i quali credono che tutto sia predeterminato: e non vedo ragione di dubitarne. Ciò però non impedisce che noi abbiamo una libertà esente non solo dalla costrizione, ma anche dalla necessità: ed in ciò la nostra situazione è analoga a quella di Dio stesso, il quale è pure sempre determinato nelle sue azioni, poiché non potrebbe fare a meno di scegliere il migliore. Ma se egli non avesse da scegliere, e se ciò che egli la, fosse l'unico possibile, egli sarebbe sottomesso alla necessità. Più si è perfetti, più si è determinati al bene, ed anche più liberi nello stesso tempo. Poiché si ha una facoltà e conoscenza tanto più estesa ed una volontà tanto più rinchiusa nei limiti della perfetta ragione.

(Lettera al Bayle, G. III, 58-9).


Quantunque tutti i fatti dell'universo siano ora certi in rapporto a Dio, o (ciò che è poi lo stesso) determinati in sé stessi ed anche legati fra di loro, non ne viene di conseguenza che il loro legame sia sempre di una vera necessità, cioè che la verità la quale stabilisce che un fatto è conseguenza dell altro, sia necessaria. Ed è questo principio che bisogna applicare particolarmente alle azioni volontarie.

Quando ci si propone una scelta, per esempio di uscire o di non uscire, il problema è se, con tutte le circostanze interne od esterne, motivi, percezioni, disposizioni, impressioni. passioni, inclinazioni prese insieme, io sia ancora in istato di contingenza, o se io sia necessitato a scegliere, per esempio, di uscire. Cioè è da domandare se la proposizione vera ed effettivamente determinata: «in tutte queste circostanze prese insieme io sceglierò di uscire», sia con-

  1. Il principio che il mondo sensibile sia rotto dalla legge di causalità appartiene alla tradizione aristotelica, ricevuta da Leibniz attraverso la scolastica.