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28 parte prima — il sistema leibniziano

è confondere i termini, la potenza e la volontà, la necessità metafisica e la necessità morale, le essenze e le esistenze. Giacché ciò che è necessario, lo è per la sua essenza, poiché l'opposto implica contradizione; ma il contingente che esiste deve la sua esistenza al principio del migliore, ragione sufficiente delle cose. Ed è per questo che io dico che i motivi inclinano senza necessitare; e che vi è ima certezza e ima infallibilità, ma non una necessità assoluta nelle cose contingenti.

Ed ho mostrato a sufficienza nella mia Teodicea che questa necessità morale è felice, conforme alla perfezione divina, conforme al gran principio delle esistenze, che è quello del bisogno di una ragione sufficiente; mentre la necessità assoluta e metafisica dipende dall'altro grande principio dei nostri ragionamenti, che è quello delle essenze, cioè quello dell'identità o della contradizione; poiché quello che è assolutamente necessario è l'unico possibile fra i vari partiti, e il suo contrario implica contradizione.

(Polemica col Clarke, 1715, G. VII, 380-391).


Bisogna distinguere tra il necessario e il contingente, quantunque determinato. E non solo le verità contingenti non sono punto necessarie, ma anche i loro legami non sono sempre di necessità assoluta, poiché bisogna riconoscere che vi è differenza, nel modo di determinare, fra le conseguenze che hanno luogo in materia necessaria e quelle che hanno luogo in materia contingente. Le conseguenze geometriche e metafisiche necessitano, ma le conseguenze fisiche e morali inclinano senza necessitare; avendo il fisico stesso in sé qualche cosa di morale e di volontario rispetto a Dio, poiché le leggi del movimento non hanno altra necessità che quella del migliore. Ora Dio sceglie liberamente, benché egli sia determinato a scegliere il meglio. E, poiché i corpi stessi non scelgono (avendo Dio scelto per essi), l'uso ha voluto che fossero chiamati agenti