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i. — verità di ragione e di fatto | 23 |
quella serie di cose per la quale giunge all'esistenza il massimo numero di cose, cioè la serie massima di tutti i possibili. E questa serie unica è determinata, così come tra le linee è determinata la retta, tra gli angoli l'angolo retto, tra le figure e i solidi quelle di massima capacità, cioè il circolo e la sfera. E come vediamo che i liquidi si raccolgono spontaneamente in gocce sferiche, così nell'universo esiste la serie di massima capacità.
Esiste dunque la massima perfezione; e non consiste se non nella quantità di realtà.
Inoltre la perfezione non si deve soltanto ravvisare nella materia, cioè in ciò che riempie il tempo e lo spazio, la cui quantità sarebbe sempre costante in qualsiasi modo, ma nella forma o varietà.
Ne consegue che la materia non è ovunque simile a sé stessa, ma viene resa dissimile dalle forme; altrimenti non otterrebbe tanta varietà quanta. le è possibile....
Ne consegue anche che ha prevalso quella serie dalla quale derivava il massimo di pensabilità distinta.
E la pensabilità distinta dà ordine alla cosa e bellezza a chi pensa. L'ordine, non è altro infatti che relatio plurium distinctiva, e confusione si ha quando sono presenti bensì più cose, ma non vi è un criterio por distinguere l'una dall'altra.
Cade così il concetto di atomo e in generale di qualsiasi corpo in cui non vi sia un criterio di distinzione di una parte dall'altra.
E ne deriva universalmente che il mondo è un χόσμος, un organismo armonico, cioè fatto in modo da soddisfare massimamente chi comprenda.
Il piacere di chi comprende (voluptas intelligentis) non è altro infatti che la percezione della bellezza, dell'ordine, della perfezione; e ogni dolore contiene qualche cosa di disordinato, ma solo riguardo a chi lo percepisce, perchè, assolutamente parlando, tutto è ordinato.