Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
20 | parte prima — il sistema leibniziano |
la causa efficiente delle cose è intelligente, avendo una volontá e perciò tendendo al bene.
(Lettera al Philippi, 1680, G. IV, 281).
Dio mette in opera, dunque, uno solo degli infiniti mondi possibili; ma è retto da un criterio in tale creazione. Questo criterio fa sì che il mondo da lui scelto sia il migliore fra i mondi possibili.
Questa infinita saggezza, unita ad una bontà non meno infinita, non ha potuto fare a meno di scegliere il migliore; poiché, come il male minore è, in certo senso, un bene, così mi minor bene è, in certo senso, un male, se fa ostacolo ad un bene più grande: e vi sarebbe qualche cosa da correggere nelle azioni di Dio, se vi fosse modo di far meglio. E come in matematica, quando non vi è né massimo né minimo e nulla, insomma, di distinto, tutto avviene ugualmente, o, quando ciò è impossibile, non avviene addirittura nulla; si può dire lo stesso a proposito della perfetta saggezza, la quale non è mono regolata che la matematica: che, se non ci fosse stato il migliore (optimum) fra tutti i mondi possibili, Dio non ne avrebbe prodotto nessuno. Chiamo mondo tutta la serie e tutto l'insieme di tutte le cose esistenti, affinché non si dica che più mondi hanno potuto esistere in differenti tempi e in differenti luoghi. Giacché bisognerebbe considerarli tutti insieme come un solo mondo, o se volete, come un universo. E quando si riempissero tutti i tempi e tutti i luoghi, resta pur sempre vero che si sarebbero potuti riempire in una infinità di maniere, e che vi è ima infinità di mondi possibili, di cui Dio deve aver scelto il migliore, perché egli non fa nulla senza agire secondo la suprema ragione.
(Teodicea, 1710, § 8).
Dio dunque non sceglie arbitrariamente. Anche qui egli si ispira ad un principio - il principio del migliore - che regola