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18 parte prima — il sistema leibniziano

Ora bisogna elevarsi alla metafisica, servendoci del gran principio, comunemente poco impiegato, il quale afferma che nulla si verifica senza una ragione sufficiente, cioè che nulla accade senza che sia possibile a colui che conosca sufficientemente le cose, di dare una ragione che basti a determinare perché è così e non altrimenti. Posto questo principio, la prima domanda che si avrà il diritto di porre, sarà: Perché vi è qualche cosa piuttosto che nulla? poiché il nulla è più semplice e più facile che il qualche cosa. Inoltre, supposto che cose debbano esistere, bisogna che si possa rendere ragione del perché esse debbano esistere così, e non altrimenti.

Ora questa ragione sufficiente dell esistenza dell'universo non si può trovare nell'ordine delle cose contingenti, cioè dei corpi e delle loro rappresentazioni nelle anime: poiché, essendo la materia indifferente in sé stessa al movimento e al riposo e a questo movimento o ad un altro, non si può trovare in essa la ragione del movimento e ancor meno di questo movimento. E. benché il movimento attuale che è nella materia derivi dal precedente, e questo ancora da un precedente, non si avanzerà affatto, per quanto lontani si possa andare: poiché resterà sempre la medesima domanda. Così bisogna che quella ragione sufficiente che non ha più bisogno di un'altra ragione, sia fuori di questo ordine di cose contingenti, e si trovi in una sostanza che ne sia la causa o che sia un essere necessario il quale porti con sè la ragione della sua esistenza: altrimenti non si avrebbe mai una ragione sufficiente, alla quale arrestare il processo. E questa ultima ragione delle cose è chiamata Dio.

(Principes de la nature et de la grane, 1713-14, G. VI, 602).


La causa finale e il «migliore». — Dio è dunque la causa o ragion sufficiente rii tutte le verità di fatto, cioè del mondo sensibile. Ma con quale criterio ha egli scelto, nella sua crea-