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mento in momento limitate dalla recettività della creatura, cui è essenziale d’essere limitata (1).

48. Sta in Dio la potenza, che è la sorgente di tutto: quindi la conoscenza, la quale contiene il particolare delle idee: infine la volontà, la quale fa i cambiamenti o le produzioni secondo il principio del migliore. E ciò corrisponde a quello che nelle monadi create costituisce il soggetto o la base, la facoltà percettiva, e la facoltà appetitiva. (2) Ma in Dio questi attributi sono assolutamente infiniti o perfetti, e nelle monadi create o nelle entelechie (o perfectihabiis, come Ermolao Barbaro traduceva questa parola) non sono che imitazioni, a misura della loro perfezione.

49. La creatura si dice che opera al di fuori, in quanto che tiene di perfezione, e patisce, in quanto che è imperfetta: cosicchè si attribuisce l’azione alla monade, in quanto che ha delle percezioni distinte; e la passione, in quanto che ne ha delle confuse.

50. Ed una creatura è più perfetta d’un’altra in ciò, che si trova in lei, che serve a rendere ragione

  1. Non pare che si possa interamente convenire con Leibniz che i limiti propri delle cose create, o delle monadi, dipendano dalla loro ristretta recettività, la quale si fa limitatrice della potenza divina, che le crea: poichè quando la potenza divina produce le monadi, queste non esistono, e quindi non possono offerire alcuna recettività, e la loro recettività stessa deve essere determinata dalla stessa potenza creatrice.
  2. Anche S. Tommaso riconosce nelle esistenze un vestigio della trinità divina: poichè ciascuna come esistenza sostanziale rappresenta la causa ed il Padre: come avente una forma rappresenta l’intelligenza, od il Figlio: come indirizzata all’ordine universale rappresenta la volontà, l’amore, lo Spirito Santo. - Sum. Theol. Quaest. XIV, Art. VII.