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morali che materiali di 24 milioni d’uomini? come non dirigerli per evitare il pericolo di esserne soverchiato? E chi da senno oserebbe chiamarli utopie, sogni di menti esaltate? Chi andasse ciò propalando non darebbe egli manifesta prova o di una perversità d’animo o d’una ottenebrazione di spirito? Come infine resistere alla pubblica opinione la quale finisce sempre, più presto o più tardi, per prevalere?

Che alla perfine anche in Italia principi e popolo si intendano fra loro come sonosi altrove intesi. Che agli uni ed all’altro siano cari l’onore e la prosperità della comune patria, e che li promuovano con tutte le forze dell’animo loro. Che la riforma, come è onesto ed utile, dai principi si diparta, e il popolo l’assecondi! — È di mestieri però che gli uni e l’altro si facciano abili ad intraprenderla ed a secondarla, e perciò meritevoli entrambi di goderne i frutti. Ed a tale capacità non potrà farsi luogo davvero, e non altrimenti, che divenendo religiosi senza ipocrisia — rispettosi per l’altrui diritto — osservanti dei propri doveri — caritatevoli verso la patria — gelosi del suo onore — pronti a difenderla dalle ingiurie nemiche — e finalmente capaci ed operosi nello svilupparne tutte le forze sì morali che materiali.

Inalzo al sommo Dio voti, per quanto per me si può, i più fervidi, perchè tali disposizioni d’animo, perchè tali oneste tendenze si manifestino ne’ principi italiani e nelle popolazioni che governano. Ove ciò non si verifichi Dio solo sa a quali tristi giorni andremo incontro, giorni di guerra or sorda or palese e sempre più intensa tra i nostri principi e le popolazioni, giorni di reazione e