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nuncia della eventualità di una più prospera condizione delle valute publiche, che è a prevedersi coll’assestamento degli attuali imbarazzi politici. Certo che dove il credito publico avesse a riprendere il suo naturale slancio, gran parte di queste difficoltà andrebbero a svanire, giacché i detentori del danaro lo investirebbero di preferenza nelle azioni ferroviarie, le quali assicurando loro un interesse pari a quello delle carte dello Stato, lasciano un margine aleatorio di qualche maggior frutto col crescere progressivo, che si vede verificarsi dappertutto, del prodotto delle ferrovie. Ma il bisogno delle strade ferrate è urgente, né il governo può, né deve attendere le eventualità più o meno lontane, e quindi più o meno incerte dell’avvenire.

Vi è poi un ostacolo che sovra gli altri giganteggia in questi affari, ed è la difficoltà o dirò meglio la impossibilità odierna di poter formare in Italia società abbastanza potenti da intraprendere speculazioni di tanta portata, con capitali proprj, fino a che non siasi fornito il paese di una Borsa così forte da potervi negoziare i valori nazionali senza dipendenza estera e colla facilità e prontezza indispensabile in simili sorta di transazioni. Ora finché non sarà riempiuto questo vuoto, né lo sarà così presto essendo il frutto di una posizione nazionale stabilita ed influente nel mondo commerciale, ad acquistar la quale dovrà sudare qualche generazione, posciachè per quanto rigogliosa ed intelligente sia la vitalità e materiale e morale del nostro bel paese, essa deve prima sanare i gravi sagrificj portati dalla sua rigenerazione; finché dico non sarà riempiuto questo vuoto, lo Stato dovrà sempre dipendere dalla bancocrazia estera, la quale raggruppata nelle mani dì pochi individui e padrona delle Borse di Parigi, di Londra e di Vienna, tenta di farsi un monopolio unico di tutte le ferrovie del continente Europeo, osteggiando con mezzi potenti ed invincibili il commercio dei valori non suoi, ovvero di società nelle quali essa non abbia la principale interessenza. Noi videmmo infatti la bancocrazia parigina nella Spagna, in Austria, nella Svizzera far deperire tutte le azioni di ferrovie per impadronirsene poscia a condizioni per sé vantaggiosissime e dannosissime ai primi concessionarj ed ai Governi, e testé far crollare clamorosamente una potenza che aveva ardito di sorgere e costituirsi senza il suo beneplacito, voglio dire la compagnia Mirès. Data quindi questa impossibilità di costituire nuove