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N.° IX. le sfere omocentriche, ecc. 57


8. Ma Aristotele, dopo narrata l’opinione di Callippo intorno alle sfere revolventi, aggiunse: «Affinchè dalla simultanea combinazione di tutte (queste sfere) si renda ragione delle apparenze, è necessario, per ciascuno dei pianeti, aggiungere alle precedenti altrettante sfere reagenti meno una, le quali restituiscano sempre alla medesima posizione la prima sfera dell’astro immediatamente inferiore, perchè così soltanto è possibile che si producano i movimenti dei pianeti.» Queste cose essendo dette da Aristotele così brevemente e chiaramente, Sosigene, nel lodarne la sagacità, intraprese di trovare a qual necessità servissero le sfere da lui aggiunte1; e dice essere necessario introdurlo nelle ipotesi, affinchè ne derivi posizione e velocità conveniente tanto per quella sfera che rappresenta il moto diurno di ciascun pianeta, quanto per le altre a quella inferiori. Perchè deve ognuna delle sfere simili (per moto e per posizione) a quella delle fisse, o ad un’altra, moversi con questa intorno al medesimo asse ed in un periodo uguale: delle quali cose niente si può ottenere senza l’addizione delle sfere, di cui parla Aristotele. Prendiamo, dice Sosigene, per spiegarci più chiaramente, quelle sfere che portano l’astro di Giove. Se dunque nell’ultima delle quattro (sfere) di Crono, nella quale questo pianeta è incastrato, adatteremo i poli della prima sfera di Giove: in che modo potranno questi rimanere nell’asse della sfera delle fisse, mentre la sfera che li porta si aggira intorno ad un asse diverso e obliquo a quello! Eppure è necessario che quei poli rimangano sul detto asse del movimento più esteriore, se vogliamo che la sfera girante intorno ad essi serbi la disposizione che ha quella delle stelle fisse. Ora, poichè le tre (ultime) sfere che portano l’astro di Crono, girano insieme connesse, e connesse colla prima, avendo ciascuna una velocità sua propria: certamente il moto della quarta non sarà semplice, ma composto con quelli di tutte le sfere superiori. Mostreremo infatti, che quando più sfere si rivolgono in sensi fra loro contrarj, si perde una parte delle velocità appartenenti alle loro rotazioni; quando invece i movimenti cospirano, alla celerità propria di ciascuna (delle inferiori) si aggiunge altro movimento comunicato dalle superiori. Se quindi all’ultima sfera, a cui è fissato l’astro di Crono, si connetta immediatamente la prima di Giove, assegnandole la velocità che le conviene, affinchè nella conversione (diurna) del mondo compia anch’essa il suo giro nel medesimo verso; i movimenti delle sfere che stanno (di sopra non le permetteranno di conservare questa sua velocità, ma vi sarà un’addizione; perchè si moveranno verso l’occaso e la sfera portata e quelle altre pel medesimo verso2. Lo stesso vale delle altre sfere successive; il movimento diventerà vieppiù composto, ed i loro poli usciranno dalla posizione loro conveniente. Ma, come abbiamo detto, è necessario che non avvenga nè l’una, nè l’altra di queste cose. Affinchè dunque ciò non avvenga, e non si produca così alcun disordine, immaginò (Aristotele) «le sfere reagenti, e restituenti sempre alla medesima posizione la prima sfera dell’astro immediatamente inferiore». Perchè tali appunto sono le sue parole, ed indicano ambo i motivi per cui egli quelle sfere introdusse: cioè col dir «reagenti», la restituzione del movimento alla propria velocità: col dir


  1. Lungo tempo sono stato dubbioso, se non fosse meglio sopprimere affatto quanto segue da questo punto fino al § 14, dove in più pagine sono diluite idee, che più chiaramente noi esprimeremmo con dieci linee. A giudicare da questo tratto, nel quale Simplicio per lo più riferisce testualmente, o quasi, le parole di Sosigene, dovremmo credere che il celebre riformatore del Calendario romano fosse il più prolisso e il più nojoso scrittore de’ suoi tempi. Tuttavia mi sono finalmente deciso a non troncar nulla, non foss’altro che per rispetto a quel filosofo-astronomo, del quale questo è forse l’unico saggio di qualche importanza, che sia arrivato fino a noi.
  2. Cioè le quattro sfere di Saturno, le quali già tutte hanno il moto diurno della prima di esse; la prima di Giove per supposizione.

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