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18 Schiaparelli, N.° IX.

annua sull’equatore è allora di 9’’ 33. Da questo appare, che le supposizioni riferite da Teone non sono state immaginate, come alcuno potrebbe forse sospettare, per dare una spiegazione del moto dei punti equinoziali scoperti da Ipparco. Questo moto infatti è uniforme ed assai più celere, ed importava, secondo Ipparco, 36’’ annui lungo l’eclittica; onde, volendo trasportarlo sull’equatore (supporre cioè che l’eclittica si muova lungo l’equatore), rimane ancora di 33’’.

Non è facile dire a quale degli antichi astronomi appartenga la teoria precedente. Le durate 3651/8, 3651/4, 3651/2 assegnate per le restituzioni di latitudine, di longitudine e di anomalia sembrano calcolate nello scopo di ricondurre la medesima posizione del Sole alla medesima ora in capo ad otto anni, siccome espressamente nota Teone. Pare dunque che queste determinazioni siano coordinate al celebre periodo dell’ottaeteride, il quale, prima che Metone pubblicasse il suo aureo ciclo di 19 anni, serviva ai Greci per connettere alla meglio il loro calendario col moto del Sole e della Luna. Parecchi astronomi si occuparono di questo periodo, anche dopo l’invenzione di Metone; fra essi sono nominati Eudosso, Arpalo, Nautele, Mnesistrato, Dositeo ed Eratostene. Ad Eudosso non si può certamente ascrivere la teoria precedente; prima, perchè il moto dei nodi solari secondo lui è diretto, mentre qui appare retrogrado: secondo, perchè da Plinio apprendiamo (vedi la nota (52)) che le variazioni dei fenomeni erano da lui messe in relazione con un ciclo quadriennale, non con un’ottaeteride. Sembra anzi, che l’ottaeteride attribuita ad Eudosso fosse opera di altro autore, forse di Dositeo1, amico e contemporaneo d’Archimede. Nè certamente si potrà pensare di fare Eratostene autore della nutazione solare citata da Adrasto e da Teone, essendo abbastanza certo, che Eratostene supponeva fissa e costante l’obliquità dell’eclittica.

In ogni caso il fatto, che astronomi come Dositeo ed Eratostene, si occuparono ancora dell’ottaeteride dopo le invenzioni di Metone e di Callippo, dimostra, che quel ciclo, il quale aveva perduto ogni opportunità come sistema di lune intercalari, conservava però qualche importanza d’altro genere; ed è difficile immaginarne un’altra, che non derivasse dalle restituzioni di certi periodi relativi al Sole. Ma più oltre non è possibile procedere in questa indagine.

Qualche altra luce sulla storia della nutazione solare ci porge Marziano Capella, il quale trascrivendo, a quanto sembra, il libro dell’Astronomia di Terenzio Varrone, dice quel che segue sul movimento dei pianeti in latitudine2: Alia (sidera) per tres (latitudinis) partes deferuntur: alia per quatuor: alia per quinque: alia per octo: quœdam per omnes duodecim deferuntur. Sol in nullam excedens partem in medio libramento fertur absque ipso Librœ confinio. Nam ibi se aut in Austrum Aquilonemque deflectit ad dimidium fere momentum. Il Sole dunque seguirebbe esattamente l’eclittica nel suo corso annuale, eccetto che nel segno della Libra, dove ha luogo una deviazione di circa mezzo grado verso mezzodì o verso settentrione! Evidentemente questa notizia del compilatore africano, passando di penna in penna, divenne corrotta ed inintelligibile. Il senso primitivo era forse questo: che il Sole non si scosta mai in modo sensibile dall’eclittica, e che soltanto nella Libra (e nell’Ariete per conseguenza) la sua latitudine arriva a mezzo grado. Con questa interpretazione noi acquistiamo la notizia, che i nodi dell’orbita solare si supponevano, dagli autori primitivi di questi dati, coincidere coi punti solstiziali, e le massime digressioni del Sole in latitudine coi punti


  1. V. Ideler, Ueber Eudoxus, Mem. di Berlino, 1830, p. 61-62.
  2. Martiani Cappellæ, De Nuptiis Philologia et Mercurii, lib. VIII.