Pagina:Le sfere omocentriche.djvu/27

N.° IX. le sfere omocentriche, ecc. 15

coordinare teoricamente colle osservazioni delle stelle. Con queste ragioni intendiamo perfettamente perchè il mito astronomico della nutazione dell’orbe solare si sia propagato a traverso di tutti i secoli dell’astronomia greca, prima e dopo di Eudosso, siccome or ora diremo.

Stando all’istoria astronomica di Eudemo (che fu contemporaneo ed amico d’Aristotele), il primo a notare una ineguaglianza del corso del Sole sarebbe stato Talete, del quale si narra, che abbia trovato «il giro del Sole rispetto ai solstizj non avvenir sempre in modo uguale»1. Il che si può intendere tanto di una variazione nel corso del Sole sulla sfera celeste, quanto di una ineguale durata dell’anno; ma forse più propriamente della prima; perchè una ineguale durata dell’anno avrebbe prodotto anomalie nel giro del Sole anche rispetto alle stelle; giro, che al tempo di Talete, e ancora molto dopo, i Greci tutti assumevano come determinatore delle stagioni, dei lavori agricoli, e quindi anche della durata dell’anno. Ora, nel passo d’Eudemo si parla del giro del Sole non rispetto alle stelle, ma rispetto ai punti solstiziali; cose che ai Greci d’allora apparivano distinte, come a noi, sebbene per ragioni assai diverse da quelle che ora noi sappiamo assegnare.

Un altro documento ci prova che l’idea di un moto del Sole in latitudine era divulgata in Grecia non solo prima d’Eudosso, ma anche dopo di lui, e dietro l’autorità di lui. Nel primo libro della sua Introduzione ai fenomeni d’Arato, Ipparco cita il seguente passo del Commentario, che, verso il principio del secondo secolo prima di Cristo, Attalo Rodio aveva scritto sul poema Arateo: «Gli Astronomi sogliono dare ai tropici, all’equatore ed all’eclittica una certa larghezza; e dicono, la conversione del Sole non farsi sempre nel medesimo circolo, ma ora più a settentrione, ora più a mezzodì. Il che conferma Eudosso colle seguenti parole, che si leggono nell’Enoptro; «sembra che il Sole anch’egli mostri qualche differenza nei luoghi delle sue conversioni, ma molto meno manifesta, ed affatto piccola»2. Noi avevamo già appreso da Aristotele, che nella mente d’Eudosso le digressioni del Sole in latitudine erano minori che quelle della Luna; la frase precedente tratta dall’Enoptro mostra, che esse erano da lui ritenute come piccolissime, e come appena sensibili all’osservazione. Le espressioni comparative contenute in questa frase si riferiscono senza dubbio alla Luna, di cui Eudosso aveva ragionato prima. Quale fosse veramente l’inclinazione, che all’orbe solare Eudosso attribuiva, non è più possibile indagare; nulla del pari si può sapere intorno al periodo delle rivoluzioni dei nodi dell’orbe solare sull’eclittica3, e della posizione che a questi nodi si attribuiva in un dato tempo.

Fra gli astronomi, dei quali Attalo dice, che ammettevano la nutazione dell’orbe solare, noi possiamo mettere in prima linea Callippo, il quale, come vedremo, attribuì al corso del Sole anche una sfera, per spiegare il moto in latitudine. Un’opinione la quale aveva a sostenitori


  1. Eῦδημος ίστορεῖ εν ταῖς Ἀστρολογιαις, ὃτι... Θαλῆς (εὗρε) ὴλίου ἔχλειψιν χαὶ τἡν χατὰ τὰς τροπὰς αὑτοῦπερίοδον, ὡς οὐχ ἴση ὰεὶ συμβαίνει. Theonis Smyrnaei, Astronomia ediz. Martin, p. 324.
  2. ".....λἐγεται γ’ οὖν ἑν τῷ Ὲνόπτρῳ οὗτως. φαίνεται δἑ διαφορἁν τῶν χατἁ τροπἁς τὀπων χαἱ ὁ ἧλιος ποιοὐμενος ἀδηλοτἐραν δἑ πολλῷ χαἱ παντελῶς ὅλίγην. Hipparchi in Phœnomena Arati nell’Uranologio del P. Petavio, p. 198. L’Enoptro di Eudosso era, al pari de’ suoi Fenomeni un trattato d’astrognosia, dove insieme colla descrizione delle costellazioni, delle coincidenze del loro levare e tramontare, si trattava dei principali circoli della sfera. L’uno e l’altro hanno formato la base principale del notissimo poema d’Arato.
  3. Da un luogo di Plinio (Hist. II, 47) si potrebbe forse argomentare, che il moto dei nodi si facesse in un periodo quadriennale: Omnium quidem (si libeat observare minimos ambituus) redire easdem vices quadriennio exacto Eudoxus putat, non ventorum modo, verum et reliquarum tempestatum magna ex parte. Et est principium lustri ejus semper intercalario anno caniculœ ortu.