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N.° IX. | le sfere omocentriche, ecc. | 9 |
trico; senza parlare della naturale ripugnanza che si dovette da principio provare ad ammettere, che i corpi celesti potessero descrivere circoli intorno a centri puramente ideali e privi di ogni contrassegno sensibile.
Eudosso immaginò dunque, press’a poco come avea fatto Platone prima di lui, che ogni corpo celeste fosse portato in circolo da una sfera girevole sopra due poli, e dotata di rotazione uniforme; suppose inoltre, che l’astro fosse attaccato ad un punto dell’equatore di questa sfera, in modo da descrivere, durante la rotazione, un circolo massimo, posto nel piano perpendicolare all’asse di rotazione della medesima. A render conto delle variazioni di celerità dei pianeti, del loro stare e retrogradare, e del loro deviare a destra ed a sinistra nel senso della latitudine, tale ipotesi non bastava, e convenne supporre che il pianeta fosse animato da più movimenti analoghi a quel primo, i quali sovrapponendosi producessero quel movimento unico, in apparenza irregolare, che è quello che si osserva. Eudosso stabilì dunque, che i poli della sfera portante il pianeta non stessero immobili, ma fossero portati da una sfera più grande, concentrica alla prima, girante a sua volta con moto uniforme e con velocità sua propria intorno a due poli diversi dai primi. E siccome neppure con questa supposizione si riusciva a rappresentare le apparenze per nessuno dei sette astri erranti, Eudosso attaccò i poli della seconda sfera entro una terza, concentrica alle due prime e più grande di esse, alla quale attribuì pure altri poli, ed altra velocità sua propria. E dove tre sfere non bastavano, aggiunse una quarta sfera, comprendente in sè le tre prime, portante in sè i due poli della terza, e anch’essa ruotante con propria velocità intorno a’ suoi proprj poli. Ed esaminando gli effetti di tali movimenti insieme combinati, Eudosso trovò che, scegliendo convenientemente le posizioni dei poli e le velocità di rotazione, si potevano rappresentar bene i movimenti del Sole e della Luna, supponendo ciascuno di essi portato da tre sfere; i movimenti più varj dei pianeti trovò richiedere quattro sfere per ciascuno. Le sfere motrici di ciascun astro suppose affatto indipendenti da quelle che servivano a muovere gli altri. Quanto alle stelle fisse, bastava una sola sfera, quella che produce la rotazione diurna del cielo. L’ordine dei pianeti serbato da Eudosso era poi identico a quello supposto da Platone; e l’insieme del sistema era quale si vede nel sottoposto quadro.
Nome ed ordine | Numero delle |
degli astri. | sfere motrici. |
Saturno |
4 |
Giove |
4 |
Marte |
4 |
Mercurio |
4 |
Venere |
4 |
Sole |
3 |
Luna |
3 |
Così il numero totale delle sfere motrici riusciva di 26, più una per le stelle fisse. Quale fosse la causa di questi movimenti rotatorj, e come da una sfera si comunicassero ad un’altra, non si trova che Eudosso l’abbia cercato; nè quale fosse la materia e la grossezza delle sfere stesse; nè quali fossero i loro diametri ed i loro intervalli. Soltanto appare da Archimede1, che Eudosso supponeva il Sole nove volte più grande della Luna; quindi è lecito concludere, che ritenesse il primo esser nove volte più lontano della seconda. Egli poteva
- ↑ Nell’Arenario