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2 Schiaparelli,

Ma dall’eccidio generale, onde, dall’Almagesto in fuori, furono colpiti tutti i più importanti monumenti della greca astronomia, un altro grave danno è derivato. La difficoltà di ben conoscere, e sopratutto di ben interpretare i pochi ricordi che rimangono dell’astronomia greca non alessandrina, trasse i più ad ignorarla, o ben anche a disprezzarla, quando imperfettamente conosciuta; onde ebbe origine l’opinione falsa, ma oggi quasi generalmente ricevuta da tutti, che tutta l’astronomia scientifica dei Greci sia contenuta nell’Almagesto. Di questa tesi il più dotto ed autorevole sostenitore fu Delambre, e la sua voluminosa Histoire de l’Astronomie ancienne ne è un commento perpetuo. Eccone alcuni saggi:«Il est demontré, que du temps d’Archimède les Grecs n’étaient guère plus avancés (en Astronomie) que les autres peuples. Toutes leurs connaissances se trouvent à fort peu près rassemblées dans le poéme d’Aratus»1. Altrove:«L’Astronomie n’a été cultivée véritablement qu’ en Grèce, et presque uniquement par deux hommes, Hipparque et Ptolemée»: dove naturalmente s’intende parlare solo dell’astronomia degli antichi2. Ed in un terzo luogo: «L’Astronomie des Grecs est toute entière dans la syntaxe mathématique de Ptolemée»3. Queste proposizioni si trovano adottate quasi da tutti, e con tutte le variazioni possibili. «Nous ne voyons naltre l’Astronomie en Grèce qu’avec Hipparque», dice Biot4. «Vor der Alexandrinischen Schule ist an eine wissenschaftliche Bearbeitung der Astronomie nie und nirgend zu denken», ripete alla sua volta Maedler5. Così cento altri di minore autorità.
Seguendo quest’idea in modo troppo assoluto, gli astronomi, che si accinsero a scriver la storia della loro scienza, non solo si occuparono assai leggermente delle speculazioni degli Jonii, dei Pitagorici e di Platone: ma di tutti i lavori della scuola di geometri, che fiori in Grecia fra gli anni 400 e 300 avanti Cristo, o parlarono inesattamente e succintamente, o tacquero affatto. Eppure in questo intervallo, a prima che cominciasse la scuola d’Alessandria, si elaborava in Grecia il materiale degli Elementi d’Euclide, si inventavano e studiavano le sezioni del cono, e si imparava a risolvere i problemi per mezzo della descrizione meccanica di linee curve. Allora fu fatto un grande e memorabile tentativo per rappresentare i fenomeni celesti con ipotesi geometriche, e queste ipotesi furono messe a cimento colle osservazioni, e rettificate dove occorreva. Da queste investigazioni, a cui non mancò alcuno dei caratteri che costituiscono una ricerca scientifica nel più stretto senso che i moderni sogliono dare a questa espressione, era nato il sistema delle sfere omocentriche, per cui tant’alto si levò presso gli antichi il nome di Eudosso da Cnido. Del quale sistema, sebbene non rimanga più alcuna esposizione completa ed ordinata, tuttavia, dai cenni che ne fecero Aristotele ed Eudemo di Rodi, e Sosigene e Simplicio peripatetici, è ancora possibile ricostruire con certezza le linee principali. Ma vedi forza del pregiudizio! Eudosso non fu uno degli Alessandrini, e fu anteriore ad Ipparco; perciò gli fu negata la qualità di astronomo, anzi anche quella di geometra6. Tanta originalità di concetto, tanta sottigliézza di costruzioni geometriche, tanti ingegnosi sforzi per avvicinarsi al risultato delle osservazioni, tanta ammirazione dei contemporanei, non trovarono grazia presso coloro che s’incaricarono di narrarci la storia dell’astronomia; e le sfere omocentriche procurarono ai loro autori assai maggior somma di biasimo che di lode.

  1. Delambre, Histoire de l’Astronomie ancienne tome I. Discours préliminaire, p. X.
  2. Ibid. Tome I, p. 325.
  3. Ibid. Tome II. p. 67.
  4. Journal dea Savants, 1867, p. 10.
  5. Populäre Astronomie, § 301.
  6. Rien ne prouve qu’Eudoxe fut geomètre. Questa enorme proposizione si trova enunciata presso Delambre, Hist. de l’Astr. ancienne. Tome I, p. 181. Mostrerò più avanti in qual conto si debba tenere.