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52 EMILIO SALGARI

— Io non so affatto nulla — rispose l’indian-agent. — D’altronde consolatevi, Sandy-Hook. Qui abbiamo un buon rifugio ed anche una lampada meravigliosa che vi farà stupire.

— Me n’infischio io delle lampade! Preferirei avere il mio canotto.

Come prenderemo ora Minehaha?

— Abbiamo del tempo — rispose John. — Gli Sioux non si moveranno tanto presto se il loro capo è ammalato.

— Avrei peraltro desiderato di catturarla prima dell’arrivo delle truppe americane — rispose il bandito tendendo i pugni. — Preme più a me che a voi, perchè vale diecimila dollari.

— No, no; avete torto, — rispose l’indian-agent — Preme più a me la capigliatura, che a voi la taglia.

— Sì, andate a prenderla ora che non possiamo attraversare il fiume.

Volete saltare nella rapida?

Non sarò certamente io che tenterò un simile colpo.

— Chi lo sa? — rispose John. — Volete seguirci?

— Dove?

— Nel rifugio degli ultimi Atabask?

— In una grande caverna che si prolunga sopra la rapida?

— Sì.

— L’avevo notata per il vivo splendore che usciva dalle sue finestre. Che cosa brucia là dentro? Un pozzo di petrolio?

— Non lo credo.

— E quegli animali non ci mangeranno?

— Come vedete, mister siamo ancora vivi. L’ultima degli Atabask sa tenerli indietro e farsi temere.

— Che cos’è? Una domatrice?

— Che ne sappiamo noi?

— L’avventura è strana e ad un uomo pari mio, che ne ha fatte e provate di tutti i colori, forse non dispiacerà.

Io non mi sono mai fidato di quelle bestie, nemmeno se domate.

Milord, avete finito? Il pugno che vi ho scaraventato attraverso il collo, non era poi di grosso calibro. —

Il lord si grattò due o tre volte la testa, poi si alzò lentamente, afferrando la carabina che il bandito gli porgeva.

Guardò il signor Devandel e l’indian-agent, ma parve non riconoscerli. I suoi occhi invece, che scintillavano come quelli d’un pazzo colla pupilla enormemente dilatata, si fissarono sulla giovane indiana, la quale