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22 | EMILIO SALGARI |
Verso il basso corso del fiume si udiva un muggito stranissimo, impressionante il quale aumentava rapidamente d’intensità.
— John, — chiese — odi tu?
— Non sono ancora sordo, quantunque non sia più giovane.
— Che cos’è?
— Anche uno scorridore novellino riconoscerebbe in questo fragore poco piacevole, una rapida.
— E noi ci rotoleremo dentro?
— E col giaguaro anche.
— E noi insieme.
— Siamo insieme con lui, signor Devandel.
— Te la prendi con molta flemma.
— Che cosa volete che vi faccia? Io non sono il buon Manitou delle pelli-rosse che può distruggere le cascate e farne risorgere altre a comodo dei suoi figli. Ma ai miracoli del Grande Spirito io non ho mai creduto.
Diavolo! non sono una pelle-rossa io!
— Tu chiacchieri ed intanto la rapida spalanca le sue cento bocche per inghiottirci e fracassarci.
— Chi ve lo ha detto, signor Devandel? — chiese l’indian-agent, il quale non perdeva un atomo della sua calma abituale.
— Se tu dici così vuoi dire che vi è qualche speranza di salvarci noi se non il giaguaro.
— Non sarei così tranquillo.... Conosco le rapide e so che quando vi si cade dentro non si esce più interi. Centomila punte di scoglietti a fior d’acqua vi afferrano e vi macinano come le ruote d’un molino.
— Prendiamo terra?
— È impossibile! Quelle maledette rive si alzano sempre a picco.
— E allora?
— Guardate bene dinanzi a voi, signor Devandel. Non vedete nulla?
— Sì, gli occhi fosforescenti del giaguaro, che pare domandino delle bistecche umane.
— Spingete lo sguardo sopra la testa di quel bestione, che in questo momento non vale nemmeno un miserabile coniglio. Non vedete una linea oscura?
— Sì, la vedo.
— Sapreste dirmi che cos’è?
— Un enorme ammasso di tronchi d’albero, che le prime rocce della rapida hanno fermato.
— Niente affatto: è un isolotto, signor mio; e guido la nostra imbarcazione verso quella terra, che ci darà la salvezza, e ci sbarazzerà anche