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252 | EMILIO SALGARI |
— Nulla? — chiese il signor Devandel all’indian-agent.
— Qualche cosa deve essere successo — rispose il vecchio scorridore. — Non si spara senza un motivo.
— Vengono?
— Io lo credo. —
Sandy-Hook si era avvicinato a loro.
— Sì — disse — io sento per istinto che Minehaha sta per venire a portarmi la morte.
— Che lugubre idea avete, Sandy! — rispose John. — Saremo noi che faremo la pelle alla giaguara. —
Il bandito scosse il capo.
— Io sono nato sotto una cattiva stella — disse poi. — Vedrete che non avrò nè la mia grazia, nè i diecimila dollari che mi ha promesso il Governo di Washington per la cattura della Scotennatrice. Mister John, se muoio vi nomino mio erede universale.
— Voi camperete quanto Noè.
— A quale età morì quel gran patriarca?
— A novecento anni, credo.
— Bubbole! Io non vorrei arrivarci, e poi....
— Zitto!
— Un altro colpo di rivoltella, è vero?
— Sì, mister John. Io non comprendo perchè i nostri uomini non si servono dei loro rifles. Otterrebbero maggior effetto. —
Anche i canadesi avevano udita la detonazione, benchè fosse stata molto debole.
— Tenetevi pronti — disse loro il capo.
Poi, volgendosi verso l’indian-agent, gli chiese:
— Credete che siano stati i nostri a far fuoco?
— Sì — rispose John — perchè gl’indiani alla rivoltella preferiscono il fucile a ripetizione.
— Per isprecare un maggior numero di palle in poco tempo.
— Proprio così, signore.
Una voce in quel momento echeggiò nel piccolo campo trincerato, facendo balzare in piedi tutti.
— Vengono! All’armi! —
La luna era in quel momento comparsa ed illuminava splendidamente la bianca pianura, facendola scintillare come se fosse cosparsa di miriadi di diamantini.
Delle grosse macchie oscure filavano a gran velocità verso il sud, rasentando i margini dei boschi.