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236 | EMILIO SALGARI |
— No, son palle di rivoltella e.... —
Aveva cacciato due dita in una di quelle numerose ferite, e dopo d’aver frugato un po’, non aveva tardato ad estrarre un palla fermatasi contro qualche osso.
La osservò attentamente ed un grido di stupore gli sfuggì.
— Che cos’hai, John? — chiese il signor Devandel.
— Il mistero si complica stranamente.
Queste palle hanno un calibro diverso delle nostre rivoltelle. Chi ha ucciso dunque questo bisonte?
— Io credo che solamente il diavolo potrebbe rispondervi, mister John, — disse Sandy-Hook.
— E tu, John, non ci capisci niente in tutta questa misteriosa avventura?
— Vi posso solamente ripetere, signor Devandel, che questo animale è stato ammazzato da un altro uomo.
— Giorgio, — disse ad un tratto Harry — allarghiamo le ricerche. Voi tenete i nostri cavalli. Questo mistero, in un modo o nell’altro, si deve spiegare.
Mentre i loro compagni si accampavano per preparare un po’ di colazione, i due scorridori girarono e rigirarono parecchie volte intorno al bisonte che il conduttore di feretri aveva empito di piombo, poi allargarono le ricerche.
— Ecco qui due impronte — disse Harry fermandosi. — Ti pare, fratello, che il lord avesse dei piedi così giganteschi?
— No — rispose subito Giorgio. — Io scommetterei la mia carabina contro una vecchia pistolaccia che queste sono orme di mocassini canadesi.
— Stavo per dirlo anch’io — rispose Harry. — Seguiamole.
— Sai, fratello, a che cosa penso in questo momento?
— Parla.
— Al conduttore di feretri.
— A quel brutto tipo? Perchè pensi a lui?
— Perchè mi pareva che calzasse dei mocassini canadesi.
— Montava una slitta, quindi troveremo le tracce dei pattini ed anche dei cani. Seguimi. —
I due scorridori si misero a seguire attentamente le orme, e sul fianco d’una macchia trovarono ben presto il posto dove il becchino, come lo chiamava l’inglese, si era fermato colla sua slitta per affrontare l’inferocito bisonte.
— Una slitta è vero, Giorgio? — chiese Harry.