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228 | EMILIO SALGARI |
Lord Wylmore, che stava sonnecchiando, per poco non fu scaraventato fuori della slitta.
— Aho! — disse sbadigliando come un vecchio orso grigio. — Chi mi seccare? Becchino non poter avere gambe così lunghe per passare dinanzi a me.
Lupi? Oh! sono armato. —
Fece sibilare la frusta, ma i cani non si mossero.
— Affare grave dunque? — si domandò l’inglese, saltando a terra colla carabina in mano.
Guardò dinanzi a sè, a destra ed a sinistra, senza nulla scorgere di sospetto.
— Essere morto che mi seguire? — si chiese dopo qualche momento. — Io non avere mai avuto paura dei morti e fucilare anche loro come bisonti.
Io poi pagare danni! —
Una voce sonora, imperiosa, uscì in quel momento dalla macchia.
— Stop!1 —
Cinque indiani, armati di winchesters e montati su bellissimi mustani pomellati, erano improvvisamente comparsi, tagliando la via all’inglese.
Il capo del piccolo drappello si fece arditamente innanzi, scotendo l’ornamento di penne di tacchino selvatico, e per la seconda volta gridò:
— Stop! —
Lord Wylmore si era messo a ridere.
— Asini, pipe mal cotte, cretini! Io andare in cerca di vostra sakem e voi minacciare me? —
Aveva già riconosciuto in quei cinque indiani le Selve Ardenti di Minehaha.
Gl’indiani si presero filosoficamente quella serqua di ingiurie, senza degnarsi di rispondere, e si misero al galoppo, giungendo in un baleno addosso alla slitta.
— Dove va mio fratello bianco? — chiese il capo del drappello minacciandolo col fucile. — Gli pesa forse la sua capigliatura?
— Tu essere un asino grosso come balena! — risposo il lord. — Io andare in cerca della sakem Minehaha.
— Di Minehaha? — esclamò il capo con stupore. — Della Scotennatrice?
Che cosa vuole mio fratello bianco dalla sakem? Lo mandano forse i larghi coltelli dell’ovest?
— Io non essere tuo fratello, prima di tutto, perchè tu non essere
- ↑ Ferma.