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Capitolo XXI.


La «Sakem» delle «Selve Ardenti».


Il bisonte, udendo quei latrati, si era rapidamente alzato, cogli occhi ancora iniettati di sangue, il pelame arruffato, la testa bassa, pronto per la carica.

Non dormiva il bestione, tutt’altro!

L’inglese, vedendolo balzare sulle zampe, fece una smorfia di disgusto.

— Brutte bestie! — brontolò. — Ed io un giorno le amavo per fucilarle? Da dove venire questi cani? Aho? —

Un lampo gli aveva attraversato il cervello, quantunque fosse sempre male collocato dentro la sua scatola ossea.

— Conduttore morto — disse. — Feretro rimasto ai lupi: io prenderò suo posto. —

I latrati diventavano di momento in momento più acuti: anzi, si udiva perfino di quando in quando lo scoppiettìo della frusta maneggiata dal conduttore della slitta.

Il bisonte ascoltava sempre colla testa bassa, sfogando la sua collera contro la neve che sconvolgeva co’ suoi poderosi zoccoli.

Ad un tratto l’inglese distinse la slitta del conduttore di feretri, sbucata da una macchia, lontana di là un centinaio e mezzo di metri.

Subito il bisonte, il quale l’aveva pure scorta, si slanciò contro di quella a corsa sfrenata muggendo minacciosamente.

— Io assistere bello spettacolo! — disse il lord egoista, montando sopra un altro ramo, per non perder nulla di quanto stava per accadere.

Il conduttore di feretri, vedendo giungerò il bestione, aveva arrestati i cani ed era saltato a terra impugnando le sue due grosse rivoltelle.

Sedici colpi rimbombarono l’un dietro l’altro con rapidità meravigliosa ed altrettanti proiettili si cacciarono nelle carni dell’assalitore, e lo arrestarono in piena volata.