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LE SELVE ARDENTI 183

— Corpo d’un tuono — esclamò Sandy-Hook. — Come va questa faccenda? Ne abbiamo lasciati scappare due di quei briganti.

— La cosa è subito spiegata — rispose l’indian-agent. — Qualche indiano invece di una palla ne ha ricevute due e forse tre.

Raggruppati come si trovavano, non poteva ciascuno di noi scegliere il suo uomo.

— Sono una vera bestia, mister John.

— Ad ogni modo sono pertanto tre di meno — disse Harry. — Se continueremo sempre così, Nube Rossa e Minehaha, finiranno col rimanere senza guerrieri.

— Alla slitta! — gridò il signor Devandel.

—Il veicolo si era arrestato a qualche centinaio di metri dal luogo ove erano caduti gl’indiani, ed un uomo, coperto da una folta pelliccia come un esquimese era balzato a terra tenendo in pugno due rivoltelle.

— Ohe, amico! — gridò l’indian-agent dopo aver ricaricato frettolosamente il rifle. — Potete avanzarvi con sicurezza poichè oramai più nessun pericolo vi minaccia. Siamo cacciatori visi pallidi. —

Lo sconosciuto rimise le rivoltelle nella cintura, risalì sulla sua slitta che era tirata da dodici grossi cani canadesi e raggiunse gli scorridori.

— Buona sera, signori, — disse. — Pare che io debba a voi la mia vita. —

Era un uomo sulla cinquantina, assai barbuto, molto colorito in viso o di forme quasi erculee.

Gli scorridori avevano risposto al saluto.

— Senza di noi, signor mio, — rispose l’indian-agent — a quest’ora la vostra capigliatura si troverebbe probabilmente fra le mani delle Selve Ardenti.

— Probabilmente, ma non certamente — rispose l’ercole barbuto. — Avrebbero dovuto fare un po’ i conti colle mie due rivoltelle e poi colla mia ascia.

È vero bensì che le palle volano, e non si sa mai dove vanno a finire.

— E da dove venite, voi? — chiese il signor Devandel.

— Dalle miniere del Manitoba.

— Dal di là della frontiera, dunque?

— Sì, signore.

— E andate?

— A seppellire, o meglio a portare un feretro a Sisseton.