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LE SELVE ARDENTI 167

L’indian-agent e Giorgio, che erano desti, si sbarazzarono delle loro coperte e fecero anch’essi una scarica.

I lupi, che forse sapevano per istinto di aver pronto un banchetto ben più abbondante senza bisogno di lottare, fuggirono a gambe levate colla coda abbassata.

Lord Wylmore russava sempre.

— Questa notte non ci sarà possibile dormire — disse l’indian-agent. — Sarà meglio accendere le nostre pipe, giacchè gli yankees ci hanno provvisti abbondantemente di tabacco.

— E aprire bene gli occhi! — rispose il bandito.

― Perchè, Sandy? — chiese il vecchio scorridore.

— Io non so, ma sono quasi certo che Nube Rossa, Minehaha ed i loro ultimi guerrieri tenteranno di raggiungerci.

— Sareste uno stregone?

— No, un bandito che fiuta, anche da lontano, i nemici.

— E le corriere della California.

— Come volete, mister John — rispose Sandy-Hook con un sorriso. — Qualche cosa io sento.

— Io non odo che i lupi ululare.

— Aspettate: non abbiate troppa fretta, mister John.

— Se tornassero non commettete imprudenze. È bensì vero che diecimila dollari valgono un colpo di carabina, ma poi? Sareste sicuro di raccoglierli?

— Si vedrà: ad ogni modo vi prometto di essere prudentissimo. Non voglio esporvi ad altri pericoli e ad altre.... —

S’interruppe, si alzò bruscamente sbarazzandosi della coperta, ed afferrò il rifle.

— Udite nulla, voi, mister John? E voi, Harry? —

I due scorridori tesero gli orecchi, poi si guardarono l’un l’altro.

— Sì, odo — disse l’indian-agent.

— E anch’io — rispose Harry.

I lupi non si udivano più urlare. Ormai dovevano aver raggiunto l’accampamento e si erano certamente gettati ferocemente sui cadaveri.

Ma un sordo rumore, che il vento del settentrione portava, giungeva da lontano.

Erano cavalli galoppanti sulla neve gelata? I tre uomini ne erano convinti.

— Su, Giorgio, — disse Harry. — E cerca di svegliare quel dormiglione che russa come un cane di prateria.