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158 | EMILIO SALGARI |
Erano rimasti ancora vivi, dietro le due altissime tende sulle quali sventolavano i totem delle tribù tutti foracchiati dalle palle, parecchie dozzine di mustani.
Molti altri invece rantolavano, e si dibattevano disperatamente sferrando calci ai combattenti che erano caduti presso di loro.
Nube Rossa, Minehaha e sessantatrè guerrieri, tutti quelli che ancora restavano, si slanciarono sui cavalli, formarono rapidamente due linee e partirono a gran galoppo attraverso l’accampamento.
La cavalleria americana continuava la sua corsa circolare sempre sparando e urlando.
Nube Rossa, che comandava la carica impugnando il tomahawk, sfondò con impeto irresistibile il Reggimento, che aveva dovuto molto assottigliarsi per la vastità del campo.
— Mano alle sciabole! — gridò allora il colonnello Whiteside.
Era troppo tardi. Le due colonne indiane avevano ormai forzato il cerchio di ferro a gran colpi d’ascia.
Parecchi guerrieri erano caduti, ma i più, con Nube Rossa e Minehaha, erano riusciti ad allontanarsi.
Avendo essi i mustani ben riposati, mentre gli americani li avevano ormai spossati completamente, in pochi minuti furono fuori di portata dalle armi da fuoco ed anche liberi da un inseguimento.
Cinque minuti dopo le ultime Selve Ardenti scomparivano verso il settentrione in mezzo ad un turbine di nevischio.