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12 | EMILIO SALGARI |
— John! — chiese. — Chi ha sparato?
— Tuo fratello ed il signor Devandel, suppongo.
— Sono inseguiti?
— Chi lo sa? Solamente il mio Curlam potrebbe dirlo. E la chiatta?
— Perduta.
— Perduta, hai detto?
— Degli enormi tronchi d’albero trascinati dalla corrente insieme coi ghiacci devono averla sfondata.
— Dei tronchi d’albero?
— Sì, John. Ve ne sono almeno venti arrenati sulla riva.
— E allora serviranno a noi come scialuppe — rispose tranquillamente lo scorridore. — Abbiamo delle scuri e sapremo con quelle, tenerle ferme e dirigerle.
Al freddo ci siamo abituati.
Odi? —
Un urlìo ferocissimo aveva rotto il grande silenzio che regnava sulla biancheggiante prateria, seguito subito da altri due colpi di carabina.
— Vengono! — disse l’indian-agent. — Sono essi che giungono. Domani la nostra capanna sarà in fiamme.
Poggiamo verso il fiume prima che la ritirata ci venga tagliata.
Su, Harry, prendi il tuo rifle e seguimi. Se ci capita il destro di fare un colpo buono contro quella dannata Minehaha, lo faremo, te lo giuro.
— Ed i nostri cavalli?
— Non ci servirebbero in questo momento. La nostra salvezza sta fra i ghiacci della riviera.
Apri loro la porta della scuderia e lasciali andare. Ne troveremo facilmente degli altri. —
Lo scorridore fu lesto ad obbedire, e un momento dopo due bei cavalli, completamente bardati, si slanciavano all’aperto nitrendo allegramente.
— Eccomi, John, — rispose Harry, udendosi chiamare.
— Non abbiamo un momento da perdere. A me, Curlam! —
Scivolarono sotto la piccola porticina, non senza aver avuto prima la precauzione di armarsi di due solide scuri per guidare gli alberi, e si gettarono fuori gridando:
— Giorgio! Signor Devandel! Al fiume! al fiume! —
Due cavalieri s’avvicinavano alla capanna a corsa sfrenata, sparando di quando in quando un colpo di carabina.
Dietro a loro, ad una distanza di circa quattrocento metri galoppavano parecchi cavalieri, i quali rispondevano ai colpi di fuoco.