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LE SELVE ARDENTI 151

— Sono la figlia della grande Yalla? — chiese poi volgendosi verso Nube Rossa.

Il vecchio Corvo ebbe un sussulto che parve uno scatto di rabbia a malapena franata.

― Sì, — disse poi.

— Era così fiera mia madre?

— Forse più di te.

— Io ho strappato più di trenta capigliature.

— Tua madre non ne strappò che una, eppure godeva fama di grande sakem.

― Quella capigliatura apparteneva ad un viso pallido che l’aveva sposata prima di te ― disse Minehaha con ira.

Nube Rossa lasciò andare il calumet, afferrò il tomahawk e si alzò con un’agilità da pantera.

― Hai detto? — ruggì.

― Che la grande Yalla era stata prima la sposa d’un uomo bianco, e che tu, Corvo, la sposasti dopo.

― E vorresti dire?

― Che i Corvi non sono Sioux. ―

I lineamenti di Nube Rossa si contrassero spaventosamente, poi alzò il braccio armato dell’ascia, di guerra, facendola roteare sopra la testa di Minehaha, la quale lo aveva intrepidamente affrontato.

― Sei mia figlia! ― disse con voce terribile ― ed io, secondo i nostri usi, potrei spaccarti il cranio e poi scotennarti come una donna bianca.

Lo sai tu?

― Lo so ― rispose Minehaha, facendosi innanzi colle braccia strettamente incrociate e gli occhi accesi. ― Se vuoi, uccidimi. ―

Nube Rossa per la seconda volta roteò in alto il tomahawk, proprio sopra la testa della figlia, poi mandò un suono rauco.

L’ascia di guerra cadde al suolo, e vi si conficcò fino al manico.

― Se tu non fossi stata la figlia di Yalla ― disse poi ― a quest’ora saresti dinanzi al buon Manitou. —

Raccolse il calumet che fumava ancora, si avvicinò ad un’altra vecchia cassa, estrasse una bottiglia di wiskey di prateria, la decapitò col suo coltello da scotennare e bevette parecchi sorsi.

― Che cosa fai, padre? — chiese Minehaha.

― Bevo il veleno che distruggerà la nostra razza — rispose asciuttamente Nube Rossa.

Si rimise in bocca il calumet, e tornò a sdraiarsi; poi, guardando sua figlia un po’ ferocemente, le chiese: